
Un drink, se l'ora lo consente
Di solito la fine di un amore è il brutto racconto della controparte che si fa, a un’amica o un amico, stando seduti in un bar, a un tavolino, con un caffè o, se l’ora lo consente, un calice di vino o un drink.
Potrebbero vendere una sorta di kit pronto all’uso per le persone che, in situazioni come queste, non abbiano le parole giuste da dire, sia che si parli con la vittima della fine dell’amore, sia del soggetto scelto come idoneo alla raccolta dei cocci di una relazione.
Ci sono anche persone che sono in grado di sviluppare una loquacità notevole e si lanciano in racconti senza fine o, altri, che raccogliendo le confidenze del cuore infranto di turno, danno vita a monologhi clamorosi contro il soggetto colpevole di aver infranto il cuore dell’amica o dell’amico, la cui degna conclusione sarebbe quella di un avventore del bar che possa interrompere il fiume di odio brandendo una scarpa come fece Chruščëv alle Nazioni Unite per protestare contro il capo delegazione delle Filippine.
Insomma, la fine di un amore è un casino, lascia dietro di sé urla, pianti, cocci, molto smarrimento e gente esasperata ai bar.
Nulla di diverso da ciò che potremmo vedere se fossimo seduti nel bar dove Marco raccoglie le confidenze di Luca. Il Bar Oasi è un anonimo locale in una zona semi-centrale di Bologna, appena sotto le colline.
Sono le 8.37 di un lunedì mattina e Marco tra meno di mezz’ora dovrebbe collegarsi da un qualunque dispositivo a una noiosa, ma necessaria, riunione di lavoro.
«È una di quelle call nelle quali puoi tenere la telecamera spenta e il microfono in modalità silenziosa, vero?» aveva chiesto Luca.
Sì, era una di quelle, tuttavia Marco era atteso in studio da un cliente per le 9.45, quindi non avrebbe potuto dedicare un tempo infinito all’ascolto di quel suo flusso continuo di tristezze assortite. Che poi, pensava, tra Luca che gli raccontava la fine del matrimonio con Monica e il Dottor Frezza che si sarebbe lamentato dell’ulteriore dilazione dei tempi di consegna dell’ultimo progetto a cui stava lavorando con il suo studio, non sapeva davvero cosa preferire.
«Monica, negli ultimi tempi, pur di stare fuori casa e ignorarmi aveva cominciato a fare un corso per realizzare fiori di carta».
In effetti il povero Luca aveva di che lagnarsi.
«Devi capire che, tra il corso di teatro, quello di ceramica, quello dei fiori di carta, il padel, il CrossFit, i tessuti aerei…»
Ma era una donna o un compendio di hobbies?
«Poi ho scoperto che più che i corsi erano gli istruttori: Luigi a teatro, Mattia a ceramica, Lorenzo per i fiori di carta, Max per il padel, Nicola per il CrossFit e Miriam per i tessuti aerei…»
Ah, in fin dei conti, l’hobby forse era solo uno.
«Anche con una donna, ti rendi conto?»
«Non pensavo avessi una mentalità così arretrata…»
Ecco, Marco stava pensando alle riunione delle 9.00 e ci piazza la classica battuta sbagliata, Luca lo guarda e non s’incazza, no, si mette a piangere come un bambino a cui è caduto il gelato. Tra le varie cose che una persona dovrebbe avere a disposizione quando parla con chi sta vivendo la fine di un amore non dovrebbe mancare la delicatezza, magari in pratiche pillole da buttar giù con un sorso d’acqua.
«Scusami Luca, davvero, è che ho un po’ di pensieri…»
L’amico reprime l’inizio di un pianto clamoroso pronto a partire e diventa serio, ammutolisce e fissa gli occhi del suo interlocutore.
«Tanto la vita è una ruota che gira».
Ci mancava la sindrome da iettatore.
«Dai Luca, capisco la tua frustrazione, ma non è carino dire una cosa del genere».
Non era carino, in effetti.
«Luisa va ancora a padel vero?»
Certo che ci andava ancora a padel, Luisa fa solo quello sport, il martedì, giovedì e sabato, qualche volta partecipa ai tornei, ha anche iniziato a vincere.
«Monica va nello stesso centro e so che hanno lo stesso istruttore. Si chiama Max».
Marco, mentre il suo amico si fa allusivo, si collega alla riunione alla quale deve partecipare. La telecamera è spenta, il microfono è muto.
Luca, tradito e al momento domiciliato sul divano distrutto dai gatti nel salotto di sua madre.
Marco, col dubbio che Max, più che un istruttore di padel, sia uno stallone insaziabile.
Trascorre qualche minuto e non c’è cenno da parte di nessuno dei due a riprendere il dialogo, allora Marco fa per alzarsi e andare a pagare i due caffè, anche perché dovrà recarsi all’appuntamento con l’odioso Dottor Frezza.
Appena si alza Luca gli afferra un braccio, lo blocca.
«Non ti ho portato in questo bar per caso».
Marco vorrebbe urlare, mandarlo a quel paese e buttarsi nelle sue incombenze, quantomeno per cercare di dimenticare il dubbio che gli si sta insinuando, magari in attesa di vedere Luisa in serata, a cena e provare, con una scusa, a capire se sia tutto un delirio di un uomo affranto dal dolore per la recente separazione o ci sia qualcosa di vero.
«Marco tu sai dove sia Luisa adesso?»
«Ha una riunione e poi so che avrà alcune udienze».
Luca sorride, amaro.
«Sai chi ci abita nel palazzo qua di fronte?»
Non lo sapeva chi cazzo ci abitava lì, no.
«Max».
Luca si alza e fa cenno che andrà al bagno, Marco si ritrova catapultato con lo sguardo verso l’ingresso del palazzo di fronte, quello dove abita Max. Cerca di non guardare, non vuole, non può farsi suggestionare da una mezza frase detta da un amico in preda alla tristezza per la fine del suo matrimonio.
Ora guarda la tazzina con quel poco che rimane del caffè che ha bevuto all’inizio dell’incontro con Luca, ci si perde dentro, cercando quasi il suo futuro, il suo destino, nei fondi, come se si fosse trasformato in una sorta di mago. Non vede altro che liquido marrone e polvere. Niente.
D’improvviso un rumore, il cancello si apre elettronicamente, il suo sguardo si alza.
Una mano apre il cancello e due figure sorridenti escono dal confine di quel palazzo, si baciano e separano le loro strade prendendo le direzioni opposte.
«Quello è Max e lei non aveva una riunione, o magari inizia fra poco».
La voce di Luca lo travolge, quasi più di quello che ha appena visto. Succede di immaginare cosa si sarebbe in grado di fare nel momento in cui si viene a sapere che la persona che amiamo ha una relazione clandestina. Ci si fantastica sopra, si pensa a come si possa stare, a quali sensazioni si possano provare. In realtà è tutta masturbazione.
Quando scopri di essere stato tradito non sai cosa fare, sai solo di avere perso, come se fosse finita una partita di calcio e avesse vinto la squadra avversaria. Ecco l’unica verità.
La vita è una ruota che gira attorno a banali tavolini di bar di periferia, la vita è noiosa e ripetitiva, è fatta di persone che trascurano, di persone trascurabili e di legami che, giorno dopo giorno, si sfilacciano tra sbadigli ed entusiasmi che muoiono.
La barista giovane e carina del Bar Oasi si avvicina e porta via i caffè per poi tornare, sorridendo, da Marco e Luca.
«Vi porto qualcos’altro?»
Marco non dice nulla, è Luca a parlare.
«Un drink, se l’ora lo consente».
Immagine generata con AI generativa di Adobe Photoshop
“dipinto ad olio che ritrae una tazzina con poco caffè visto dall’alto”