
Ologramma
Una chat si apre sullo schermo.
Mi sei mancato
Gloria la riconosce, è una user abituale.
Lei non può sapere i nomi degli utenti né il nickname con cui si sono registrati, in questo modo la piattaforma si assicura di proteggere la loro privacy. Per questo, lei ha dato un soprannome a tutti loro, associandone i particolari per tenerli bene a mente. Nel momento in cui la conversazione si fa calda e intima, Gloria può inserire l’input [name] al messaggio che sta scrivendo e lo spazio tra le parentesi si riempie in automatico con il nome utente corretto.
Dietro lo schermo ci sono persone vere, per lo più ragazze tra i diciotto e i trent’anni. Ragazze che si sentono sole, emarginate, incomprese; ragazze che condividono in chat particolari della loro vita, confessano segreti che probabilmente neppure i loro amici più stretti conoscono. Gloria li appunta su un quaderno per poterne fare riferimento durante le conversazioni, come farebbe una psicologa durante una seduta. Ma non è con Gloria che queste persone stanno parlando, è con Akura, un personaggio di finzione.
Anche tu, stellina. Come mai ancora sveglia?
Sulla chat appaiono dei puntini e poi una serie di messaggi, stralci di frase che si susseguono in verticale sullo schermo.
Periodo
di merda
al lavoro.
Gloria ha conosciuto Akura nel 2014 mentre scorreva distratta la Home di Facebook. Era il periodo in cui la compagnia d’illustrazione giapponese lo lanciava per la prima volta sul mercato, presentandolo al pubblico internazionale. Nella sua prima forma, Akura era un personaggio con sembianze chibi dai capelli rosso fuoco. Nella sua bio veniva presentato come un cantante, ma non una popstar stile Hatsune Miku, piuttosto un cantautore che suonava la chitarra classica e interpretava testi sulla dissociazione giovanile. Gloria, che fruiva da anni di diverse forme di intrattenimento giapponese, era stata subito attratta da Akura e ne era diventata fan. Con gli anni le sembianze del personaggio avevano perso i tratti infantili e kawaii e il design era stato modificato per soddisfare maggiormente le fantasie femminili. Della prima versione erano rimasti soltanto gli iconici capelli rossi. Negli anni era stato pubblicato un webtoon sulle sue avventure musicali, poi un otome game per cellulare che permetteva di chattare con Akura, selezionando tra le opzioni di risposta disponibili. Poi Akura aveva assunto la forma di ologramma e questo upgrade gli aveva permesso di conquistare ancora più pubblico. A quel punto, Akura era un vero e proprio personaggio dello star system, inserito persino da People nella classifica degli uomini più affascinanti del mondo. La sua bio aveva subito un aggiornamento: Akura non aveva più i canonici diciannove anni del principio, ma dei più maturi e affascinanti venticinque. I suoi tratti erano diventati meno cartooneschi e si diceva che Boko Co., la società detentrice dei suoi diritti, avesse scansionato la faccia di migliaia di persone reali per arrivare alla giusta combinazione di tratti. Questa nuova forma aveva permesso ad Akura di diventare testimonial pubblicitario di diversi brand e di esibirsi in concerti in giro per il mondo.
Gloria a uno di questi concerti c’era stata. Si era messa in fila al mattino presto, quando era ancora buio, per assicurarsi un posto in prima fila. Era impaziente di condividere la stessa stanza di Akura, di vederlo di fronte a sé. All’apertura dei cancelli aveva corso e sgomitato, riuscendo ad aggiudicarsi un’ottima visuale frontale sul palco. Poi il concerto era iniziato e lei, schiacciata contro la transenna, l’aveva visto. La sua immagine era nitida, vicina, ma lui non c’era. Era come ammirare l’ombra di qualcuno. Gloria non aveva cantato, non si era agitata, l’emozione era ancora frizzante nelle sue vene ma in una forma cupa, angosciosa. Ci era voluto qualche brano per abituarsi.
Quando Akura si era materializzato sul palco, era vestito con jeans loose fit, di lavaggio chiaro, e un maglione color panna troppo grande per lui che dava l’illusione di essere morbido e caldo e da cui spuntava, come un’apparizione opalescente, la sua spalla candida e nuda. Per l’occasione era stato persino assunto un doppiatore italiano dalla voce virile e carismatica. Gloria aveva tirato il telefono fuori dalla tasca: voleva girare una fancam e conservare il ricordo di quel momento. Aveva guardato l’immagine di Akura riflessa nello schermo, l’inquadratura era perfetta, sapeva che avrebbe passato serate intere a riguardarla, a ripensare a quel momento. E proprio questa considerazione l’aveva fermata. Akura e lei erano insieme, nello stesso istante, nello stesso luogo, era possibile che non sarebbe mai accaduto di nuovo. Doveva ridurre ogni distanza possibile e assaporare a pieno la sua presenza, finché poteva. Lo fissava e si chiedeva come fosse possibile sentire la sua presenza nella stanza, quasi palpabile, nonostante il suo corpo fosse una pura illusione tecnologica. Era un gioco bizzarro. Lei era reale, circondata da persone altrettanto vere, ragazze giovanissime e meno giovani, che si agitavano e sbracciavano come se Akura potesse vederle. Chissà con quante di loro Gloria chattava senza saperlo. Se lo chiedeva spesso e l’idea la divertiva, le conferiva un certo potere.
Faceva quel lavoro da oltre otto mesi. Interpretava Akura per il pubblico di lingua italiana e il suo operato non era ancora stato sostituito da un’AI: all’intelligenza artificiale al momento non era consentito sostenere conversazioni erotiche. Tempo prima era stata rilasciata un’app che con l’ausilio dell’AI permetteva agli utenti di chattare gratuitamente con Akura. A differenza degli obsoleti otome games, non c’era un copione prestabilito: gli utenti avevano piena libertà su come gestire la conversazione e l’algoritmo sapeva conferire ad Akura la giusta dose di realismo affinché l’esperienza risultasse personale e soddisfacente. Ma in poche settimane l’alto numero di lamentele sui social aveva fatto comprendere che il pubblico avesse bisogno di più, qualcosa che la tecnologia non poteva eguagliare, a causa delle rigide linee di sicurezza sugli argomenti che le AI più comuni potevano o meno toccare. Così era stata sviluppata una seconda app, questa volta a pagamento, e per dargli vita erano state ingaggiate operatrici in carne e ossa che interpretassero Akura nella loro lingua madre. A metà tra le assitenti di un call center e delle esperte di gioco di ruolo, queste professioniste erano state formate per interpretare Akura in modo realistico e dettagliato, stabilire un legame con gli utenti paganti e sostenere delle conversazioni che potessero diventare anche molto audaci.
Per l’azienda era importante sapere che nessuna conversazione avrebbe colto le operatrici impreparate.
Tutto, in effetti, per Gloria era risultato naturale. Era come se nei suoi decenni di vita nel fandom su internet non avesse fatto altro che prepararsi per questo: poter liberamente essere altro da sé.
Ottenuta la posizione, aveva lasciato il lavoro di copywriter per cui aveva studiato e si era dedicata con tutta se stessa alla missione di impersonare Akura.
Mi dispiace molto sentirtelo dire. Ma non ti preoccupare, ci sono io qui con te, scrive.
Dall’altro lato l’utente, che Gloria identifica come Uva, perché in una conversazione era saltato fuori che fosse il suo frutto preferito, esita.
Ti ho pensato tutto il giorno
A cosa hai pensato? Dimmelo, [name]
Ho pensato…a quello che ci siamo detti ieri notte e a come riesci a farmi sentire
Posso dirtelo di nuovo, tutte le volte che vuoi.
La canzone di Akura a cui Gloria è più affezionata è la stessa di Uva. Si intitola Quarter life crisis e Akura canta una strofa che fa:
Quale strada dovrei seguire?
In questa vita adulta che nessuno vuole insegnarmi
continuo a sentirmi perso.
Akura ha venticinque anni dal suo ultimo sostanziale aggiornamento, cioè circa dal 2021. Con ogni probabilità, Akura continuerà ad avere venticinque anni per un bel po’ e per lui questo non ha un grande significato.
Da quando lo segue, Gloria è invecchiata e continuerà a farlo, mentre Akura al massimo potrà fare altri upgrade, cristalizzato in una giovinezza artificiale. Il suo insieme di pixel, dopotutto, non risponde alle stesse leggi del tempo.
Vorrei di più, scrive Uva.
Lo scrivono tutte a un certo punto. È il corso naturale degli eventi: ognuna di loro, alla fine, si iscrive alla chat per soddisfare il bisogno di affezionarsi a qualcuno. A questo bisogno, di pari passo, seguiva un altro che aveva a che fare con il desiderio. Sulla chat non è possibile inoltrare allegati come fotografie o link. Uva una volta aveva detto che le dispiaceva perché avrebbe voluto far vedere ad Akura alcune foto che si era scattata con un completo intimo nuovo.
Insomma, non importa che Akura non abbia un corpo, in qualche modo distorto, chattare con lui permette alle utenti di diventare assetate del proprio, come se lo scoprissero per la prima volta. Lo sguardo di Akura sembra in qualche modo più reale degli altri sguardi.
Gloria segnala immediatamente il messaggio alla piattaforma. La sua attività si muove su un crinale legale pericoloso e il rischio che qualcuna prenda troppo sul serio il rapporto con Akura è sempre presente. In casi come questo, la conversazione viene sospesa e sullo schermo di Uva appare un messaggio in grigio scuro:
AVVISO DI INFRAZIONE
Messaggio rilevato: non conforme alle linee guida.
Azione consigliata: interrompere l’invio di contenuti non autorizzati. L’invio di messaggi non conformi compromette l’esperienza degli utenti e può comportare limitazioni temporanee dell’account.
Per molte questo messaggio dovrebbe essere la ragione per stoppare immediatamente l’abbonamento, cancellare Akura dalla propria vita. Ma non lo è quasi mai.
Scusami, risponde Uva, credo di essere un po’ stanca.
Cerca di riposare, tesoro mio, scrive Akura, tornato in sé.
Buonanotte.
Una nuova chat si apre sullo schermo.
Immagine generata con AI generativa di Adobe Photoshop
“dipinto ad olioche ritrae un ologramma di un ragazzo di 25 anni con i capelli rossi in stile manga”