Daniel Boone
Pensavi che sarebbe stato più facile la seconda volta. O la terza.
Com’era? Ah, sì. Giusto.
Parti e ricomincia in un posto diverso.
Prendi tutti i vestiti che ti capitano a tiro e una buona scorta di viveri per il tragitto. Preleva un bel gruzzolo di contanti, fai il pieno all’auto e parti senza pensarci troppo: lo sai che mentre stai lì a pensare e ripensare, qualcosa di oscuro comincia a spalancarsi dentro di te. Appunto. Taglia la corda senza voltarti indietro. Se sarai fortunato, stavolta andrà bene.
Il primo giorno di viaggio, non fermarti se non per fare pipì. Attraversa la colata grigia dell’asfalto ghiacciato e lascia che le lucette di Natale twinkle twinkle little star ti scorrano ai lati come su un nastro trasportatore.
In auto, mentre viaggi sulle corsie dirette a est, spera che il silenzio non ti trovi. Spera che non ti entri nel cervello passando per le orecchie e non faccia dei tuoi vuoti la sua casa. Spera che il silenzio non cresca dentro di te come un corpo estraneo maligno. Alza la radio e fracassati i timpani, piuttosto. Riducili in polvere. Ma non permettere al silenzio di entrarti dentro mai.
Guida per molti giorni e molte notti con la tua vita in una scatola, sui sedili posteriori insieme alla cassetta degli attrezzi, le piante grasse e altre stronzate. Attraversa il paese sotto al cielo di dicembre e senti il freddo cantarti dentro come febbre. Dormi solo quando non ce la fai più: fermati in un albergo fatiscente con vista autostrada e fai in modo di essere così stanco – ma così stanco – da collassare nell’arco di quaranta secondi su uno di quei letti merdosi da hotel ad ore.
Viaggia senza sosta verso la parte opposta del paese. Osserva la terra trivellata dalle teste d’acciaio snocciolare immensi laghi artificiali che sanno di asfalto misto ad alghe. Zolle smosse grandi come blocchi di marmo. Quella terra liquida gelata che riluccica, lasciatela alle spalle. Anzi, spera che non venga a trovarti. Spera di scordartela e di non sognarla affatto.
Quando arriverai in un posto imprecisato lontano abbastanza da quello da cui sei fuggito, potrai fermarti. Solo allora. Potrai fermarti e tirare fuori i semi del cambiamento che tieni dentro al portafogli, nella tasca degli spiccioli. Gettali e falli fiorire, fa’ che sia la volta buona. Comincia la tua avventura e crea una vita nuova di pacca. Una casa nuova e mobili nuovi con dentro oggetti e vestiti diversi da quelli che avevi prima.
La domenica, indossa un lungo cappotto marrone foderato in lana con un collo di finta pelliccia di volpe. Indossa occhiali neri da sciatore e stivali di gomma gialli di Kmart prima di guardarti allo specchio, fare un grosso sorriso sicuro e dire al tuo riflesso, con un tono da nazista pacato: Io sono Daniel Boone e questa è la mia avventura.
Sei Daniel Boone: finalmente chi vuoi essere. Il vero tu.
Incontrerai la tua Rebecca una sera, sul presto. Rebecca Boone. Sarà seduta con le gambe penzoloni al bancone del Kit Kat, squallida imitazione del locale di Cabaret in cui tu e i tuoi nuovi amici amate passare il tempo e bere birra. La porterai a mangiare i pancake, poi camminerete insieme fino a intravedere le rotaie della Main Line sotto le scariche fotoniche del tramonto.
Presto, diventerete intimi. Non te l’aspettavi. Non ti aspettavi che avresti canticchiato canzoni sdolcinate avendo qualcuno in mente, o lasciato la casa lurida di proposito per evitare di chiedere a Becky di venire da te. Hai provato a convincerti di voler fare le cose con calma (per dieci minuti ci hai creduto davvero), ma alla fine l’hai invitata al tuo appartamento. Hai ceduto. Era troppa la voglia di vederla scintillare tra le tue stanze come una lucciola umana divertente. E tu sei un idiota attratto dalla luce.
Una notte, cinque mesi dopo il vostro primo incontro, la raggiungerai mezzo nudo sul balcone della tua stanza: Becky starà fumando una sigaretta; tu ne approfitterai per prendere una boccata d’aria. Rimarrete impalati, spalla contro spalla, finché lei ti sorriderà come a voler dire tranquillo, non ho alcuna intenzione di liquidarti. Si avvicinerà e ti darà un bacio dolce e morbido. Un bacio delicatissimo, come fossi un bambino o una creatura fatta di carta che rischia di essere spazzata via al minimo alito di vento. Dopodiché, si allontanerà e ti dirà: «Forza, rientriamo», prima di avviarsi verso la camera da letto, e tu vorrai dirle: «Arrivo», ma resterai imbambolato a guardare la sua sagoma. Sarà allora che saprai di avere il cervello completamente sbiellato.
Tornerete sotto le lenzuola e dormirete abbracciati, e tutto ciò che riuscirai a pensare prima di abbandonarti al sonno sarà che Becky ti capisce. Becky ha trovato il modo giusto per fare le cose. Giusto per te, almeno. Becky riesce a far luccicare i tuoi difetti. È un glorioso supereroe. Con lei viaggi verso pianeti distanti e dimensioni ipotetiche. Becky scioglie il tuo cuore con i suoi potentissimi occhi-laser.
Quando ti sveglierai, e accanto a te troverai l’Ombrosa, faticherai a crederci. Becky era lì fino a poco prima: nel sonno potevi sentire il suo calore denso di miele. Potevi sentire il suo odore e le fusa dei suoi occhi-laser. Adesso non più. Al suo posto, Lei: donna morta travestita da donna viva; ciò che rimane quando l’amore è drenato dalla tua vita giorno dopo giorno. Ti fissa come se non fosse passato un giorno dall’ultima volta che vi siete visti, e sorride languida. È fredda come il permafrost: un foro nel cranio da cui entra aria gelida svuotaviscere.
Credevi che non ti avrei trovato, che non sarei venuta a stanarti anche questa volta? – ti fa. Quand’è che imparerai che sono dentro di te e non c’è posto in cui possa nasconderti, che non esiste lontano abbastanza? Sono io la tua Rebecca Boone, la sola a cui importi qualcosa, l’unica che non ti ha mai abbandonato.
In un amen, le sue parole ti ribaltano. Guardi la sua faccia e pensi: un angelo; poi, subito dopo: colpiscila. Sei senza fiato e non gridi. Sei un uomo vuoto nella santità di una stanza, un’aria sciocca sulla faccia. Non piangi.
Riesci a immaginare un’esistenza così? Un’esistenza lenta come acqua in una vasca? Con quest’immagine conficcata in gola come una pallina da tennis, andrai a prendere il borsone. Lo riempirai della tua roba. Dentro di te, sempre la stessa voce:
Scappa, ti dirà. E tu lo farai.
Scappa prima che sia tardi e l’Ombrosa ti trascini giù con sé. Sempre più giù, con sé. Lascia stare il cappotto e gli stivali di gomma e preparati per un’altra rivoluzione. Dattela a gambe, prima di iniziare a sentire freddo, così freddo, nella camera in cui non ti alzi nemmeno per tirare le tende.
Fai il pieno, preleva un po’ di contanti e dirigiti a sud, stavolta. Va’ dove il cielo domina azzurro e bollente su chilometri e chilometri di campi. Forse lì, nel blu respirabile, troverai il tuo posto o un clima migliore. Forse farà talmente caldo che l’Ombrosa non verrà a cercarti. Metterai le mutande in freezer. Sì. Vedrai i serpenti marini. Sì. La voce che ti dice che il problema è dentro di te, falla stare zitta. Ti piace il profumo delle zagare? Aranci e prugni e meli e l’oceano che abbraccia la costa.
Falla stare zitta.
Becky? Chi è Becky? Non hai bisogno di Rebecca Boone per essere Daniel Boone. Scrivile che ti dispiace, poi sali in macchina e lancia il telefono dal finestrino. Osservalo esplodere in centinaia di coriandoli duri dallo specchietto retrovisore.
Attraversa il paese e ricomincia da capo in un posto diverso. Un posto in cui sentirai l’aria salmastra e il caldo asciutto ti farà sudare le chiappe nelle mutande.
Addio, Becky Boone.
Mi dispiace, Becky Boone. In bocca al lupo per tutto.
Immagine generata con DALL-E
“view from a car window of a street with street lamps at night, futurist painting”