Si, è un uomo

Un uomo si sveglia e guarda la moglie dormire al suo fianco. Ascolta il ritmo del suo respiro, lento e regolare. Osserva il suo viso, gli occhi chiusi e i lineamenti distesi. La guancia appoggiata sul cuscino le fa arricciare un po’ le labbra, che prendono la forma di un cuore. La mano sembra priva di vita, così lunga e delicata. Con una mano così si dovrebbe solo accarezzare, pensa l’uomo. Poi si alza, esce piano dalla stanza senza far rumore, non vuole svegliarla.

L’uomo va in bagno, si guarda allo specchio. Da qualche mese non si rade più del tutto il viso, lascia crescere la barba pochi millimetri, un centimetro al massimo. Dicono tutti che sta bene così, che sembra più virile, più maschio. L’uomo si accarezza il viso con una mano, si liscia le guance e decide di lasciarla crescere un altro giorno.

Si infila sotto la doccia, l’acqua calda brucia sui lividi che ha sul braccio. Si asciuga, ci passa sopra una pomata e va in camera a vestirsi. Indossa pantaloni cargo blu scuro e una felpa nera con il cappuccio. Nell’estetica cerca riparo, è un travestimento necessario. Gira attorno al letto, la moglie ora dorme sulla schiena, non ha più la bocca a forma di cuore. Le dà un bacio delicato sulla fronte ed esce di casa.

 

È un giorno come tutti gli altri, per strada osserva i suoi colleghi maschi andare come lui al lavoro, si domanda se si sentano abbastanza uomini. Quello seduto nella macchina di fronte a lui fuma una sigaretta, il braccio penzola fuori dal finestrino, porta un pesante braccialetto d’oro. Un pedone sulle strisce pedonali si gratta i testicoli, uno sputa sul marciapiede. Uomini con i capelli lunghi, con la barba, gli orecchini, senza capelli, grassi, magri, pelosi, alti, bassi, con le unghie smaltate. Una coppia, un uomo e una donna, si separa al semaforo, si baciano in fretta, il bambino resta con il papà, lo porta lui all’asilo. L’uomo osserva il bambino camminare con passi corti e incerti, senza un ruolo nella società, se non quello di farsi proteggere e coccolare.

La macchina dietro di lui suona, l’uomo alla guida gli urla: «muoviti, coglione!»

 

In ufficio l’uomo lavora tranquillo, mantiene con colleghi e superiori un rapporto cordiale, ma distaccato. Ci sono giorni in cui è più silenzioso che in altri, se qualcuno gli domanda se va tutto bene risponde che ha dormito male. Funziona sempre. Altre volte invece è irascibile, perde facilmente il controllo. Allora i colleghi gli dicono che è un’isterica, che ha le mestruazioni come le donne o che è ora che si svuoti le palle. A volte gli suggeriscono di andare in bagno e “rilassarsi un po’”. 

In pausa pranzo siede a tavola con chi capita. Qualche giorno fa due colleghe parlavano di dolori mestruali e disturbi ormonali, “beati voi uomini,” disse una delle due “voi non avete nessun problema, niente grasso sui fianchi, niente ciclo, i peli li potete tenere come vi pare.” L’uomo sorrise e si alzò.

Al ritorno dal lavoro per strada l’uomo è distratto e stanco. È preoccupato e teso, non sa mai che cosa lo aspetta a casa. Respira a fondo prima di entrare.

La moglie guarda la TV, dice: «ciao amore!» quando sente aprire la porta. È di buonumore, l’uomo tira un sospiro di sollievo. Va da lei, che lo aspetta sorridente a braccia aperte. L’uomo è titubante, ma si siede lo stesso vicino a lei. Lei lo abbraccia, gli dice che lo ama e che le dispiace per ieri sera.

«Ti fa male?» chiede lei sfiorandogli il braccio.

«Sono solo dei graffi» mente lui.

La sera prima avevano litigato, di nuovo. La moglie lo accusava di essere un incapace e che era lei a doversi occupare sempre di tutto.

Lui si era scusato dicendo che era stanco, lei lo aveva colpito in testa e gli aveva piantato le unghie sul braccio. Mollò solo quando vide uscire sangue.

Guardano la TV abbracciati e il battito cardiaco dell’uomo si calma un po’. Nella pubblicità di un profumo il modello esce dall’acqua. Ha i capelli pettinati all’indietro, i pettorali gonfi, gli addominali scolpiti e la mascella d’acciaio. Sotto la scritta EAU DE TOILETTE l’uomo legge “Per l’uomo che si fa picchiare dalla moglie”. Ma questo è solo nella sua fantasia.

Vanno a dormire, lei vuole fare l’amore, lui è stanco e preferirebbe dormire, ma ha paura di ferire i suoi sentimenti perciò si concede. Lei si mette a cavalcioni sopra di lui, hanno provato in passato la posizione del missionario, ma lui non la sa soddisfare, a letto è un incapace, dice lei.

Quando lei ha finito si corica su un lato e gli augura buonanotte. L’uomo si addormenta qualche ora più tardi.

 

Alcuni giorni invece sono perfetti: vanno a fare lunghe passeggiate nel bosco, siedono in un caffè e chiacchierano a lungo, si fotografano abbracciati al tramonto. 

Un giorno tornano a casa dopo aver mangiato la pizza in un ristorante. Lui prepara un tè per tutti e due e si siede sul divano. La moglie lo raggiunge e tutta eccitata gli chiede se vogliono fare un figlio, ora che le cose fra loro vanno meglio. L’uomo appoggia la tazza con il tè alla mela, cerca le parole più adatte per non farla arrabbiare. 

«Non è meglio aspettare un po’? Abbiamo tempo per un bambino»

Discutono, la moglie lo insulta, gli dice che è inutile, che non sa prendersi le sue responsabilità, che come uomo è un fallimento, una merda. Fa una pausa e aggiunge che forse ha ragione, con un altro bambino ne avrebbe due di cui occuparsi. Urla, gli punta il dito contro, lo afferra per il colletto. 

«Che cosa devo fare con te!?» chiede lei con il viso arrossato. L’uomo guarda il tappeto, si ricorda del giorno in cui l’hanno comprato insieme, allora lei era diversa.

«Voglio il divorzio» sussurra lui. 

Lei lo guarda irritata, poi ride e infine gli lancia il tè rovente in faccia.

Mentre lo medica in bagno gli chiede scusa, gli promette che migliorerà, che imparerà a controllarsi.

«Vuoi ancora il divorzio?»

L’uomo guarda oltre la moglie, chiude gli occhi e fa cenno di no. La donna sorride e gli dice che con la barba lunga è davvero un maschione; il suo maschione.

 

L’uomo decide di farsi aiutare. Scarta familiari e amici, per vergogna e perché non gli crederebbero. Cerca aiuto in internet. In un forum legge racconti di uomini maltrattati dalle mogli, dalle sorelle, dalle madri. Uomini adulti come lui, oppressi fisicamente, ma soprattutto psicologicamente. In questo forum gli uomini si ribellano in incognito contro un sistema sessista a protezione solo delle donne.

“Ci viene imposto di essere forti, di essere superiori, non c’è posto per l’uomo debole” scrive uno, “e lo chiamano sesso debole” scrive un altro.

L’uomo si sente di non essere solo e decide di scrivere la sua storia. Anche la sua comincia con “all’inizio andava tutto bene, poi è cambiata”.

Viene accolto con comprensione e solidarietà. Gli altri della chat gli dicono di tenere duro, di cercarsi un appartamento e cambiare vita. E soprattutto lo tranquillizzano dicendogli che non è solo e che non si deve vergognare a chiedere aiuto. 

L’uomo ringrazia e chiede se ci sono centri specializzati, qualcuno che gli possa offrire sostegno e a cui rivolgersi personalmente. Gli rispondono che ci sono, ma sono rivolti quasi esclusivamente alle donne, in quanto nell’immaginario collettivo non è pensabile l’uomo sottomesso, vittima di violenza domestica, debole.
«E la polizia?» chiede l’uomo.

Gli dicono di lasciar perdere, senza prove concrete la polizia non muove un dito. E quando ha prove concrete spesso è troppo tardi.

L’uomo si tocca le prove marchiate sul braccio, l’amore di sua moglie brucia ancora sotto i vestiti.

«Da quanto tempo?» domanda uno della chat.

«Da sei anni» risponde l’uomo.

 

L’uomo si mette d’impegno, fa straordinari al lavoro, durante i quali si premura di cercare un appartamento. Torna a casa più tardi la sera, la moglie gli chiede dove è stato, diventa gelosa, lo minaccia e lo insulta. L’uomo mantiene la calma, le dice che ha più lavoro in questo periodo dell’anno, che non si deve preoccupare. 

Dopo un mese gli arriva la conferma di un appartamento. Costa poco, è piccolo, ed è fuori mano. All’uomo non importa, va bene così per il momento, l’importante è andarsene di casa. Pensa ai passi successivi: chiedere l’aumento di stipendio, il divorzio, pagare gli alimenti. Ha dei dubbi, si rifugia in chat. I colleghi uomini non sono magnanimi, gli dicono che sarà dura, ma che non deve mollare: lasciare la moglie è l’unica via d’uscita.

L’uomo si organizza. Nei pochi momenti in cui è solo raccoglie il necessario e lo mette in una valigia che tiene in macchina. Senza dare nell’occhio prende indumenti dall’armadio, documenti dal cassetto, foto e qualche ricordo a lui caro. Il resto, pensa, si vedrà.

Una sera l’uomo siede sul divano, alla TV danno il film Via dall’incubo con Jennifer Lopez, nel quale la moglie scappa da un marito violento e possessivo. L’uomo pensa a quale titolo avrebbe la sua vita, nella tasca dei jeans nasconde la chiave del suo nuovo appartamento. Vorrebbe tirarla fuori, guardarla e rigirarla fra le dita. La chiave della sua libertà. 

Aspetta la pubblicità, la moglie va in bagno. L’uomo si alza, cammina in punta di piedi, la TV rimane accesa. Si infila le scarpe, prende la chiave della macchina senza farla tintinnare ed esce di casa.

L’uomo corre verso la macchina, la apre a distanza, si mette al volante e accende i fari. Muove la macchina verso l’uscita del parcheggio del condominio.

«Merda!» la sbarra d’accesso ai parcheggi non è telecomandata. L’uomo scende dalla macchina, infila la chiave che fa alzare la sbarra e la vede. Sua moglie gli corre incontro nel buio.

«Dove cazzo credi di andare?»

Ha qualcosa in mano, l’uomo non capisce cos’è finché l’oggetto non entra nel cono di luce del lampione. La moglie tenta di colpirlo con il martello, lui blocca il colpo. Lei lo graffia, gli sputa addosso, gli dà calci sugli stinchi. 

Poi la donna non parla più, si irrigidisce, si fa tutta calma, perde le forze, non muove un arto. Si accascia a terra, l’uomo va giù con lei, si inginocchia, vuole stare con lei fino alla fine. La guarda negli occhi e piange, la donna muove le labbra.

Niente più insulti, pensa l’uomo, niente più di tutto questo.

 

L’uomo si alza, si guarda le mani. Uno dei condomini gli corre incontro, ha sentito le urla.

«Non ce l’ho fatta» dice l’uomo con le lacrime agli occhi «non sono stato abbastanza forte»

Il vicino lo affianca, gli mette una mano sulla spalla. 

«Va tutto bene…»

«Ma lei…» riprende l’uomo guardando il cemento nudo del parcheggio, cerca il corpo con lo sguardo.

«L’hai lasciata» gli risponde il vicino «l’hai lasciata mesi fa e ti sei trasferito qui. Hai fatto la cosa giusta, sei al sicuro ora.»

L’uomo si mette le mani sulla testa, le fa scendere lungo il viso. Sussulta quando tasta le guance scavate, la barba lunga e ispida, gli sembra di toccare il viso di un estraneo.

Farfuglia qualcosa in direzione del vicino e si avvia verso il suo appartamento. Quando entra 

c’è silenzio. Cerca nelle stanze, come a volerla vedere con i suoi occhi quella quiete.

In bagno si guarda allo specchio, accarezza per l’ultima volta il viso di quell’estraneo, è un addio ruvido e doloroso. Poi, finalmente, si rade il viso.

Immagine generata con DALL-E
“portrait of a bearded man looking at himself in the mirror, he has a cut on his cheek, hopper style painting”