A volte bisogna s(bat)tersene

«Signor Bruce?» Alfred entrò nella camera del padrone battendo una sola volta le mani. I sensori dei rotolanti si attivarono, il giorno entrò nella stanza. Erano le tre del pomeriggio.

Alfred si mise a fianco del letto, avvolta al braccio teneva la vestaglia in seta nera con le iniziali dorate BW. La aprì e rimase così, con le braccia alzate, come un lenzuolo appeso al sole. I capelli bianchi impomatati all’indietro, i baffetti simmetrici come le ali di un aereo e il frac, quello nero dei giorni infrasettimanali. La domenica portava quello grigio chiaro.  

«Signor Bruce!» ripeté Alfred alzando di mezza ottava. Uno dei baffetti ruppe la perfezione e iniziò a vibrare come la coda di un bassotto mentre annusa le doti di una bassottina. 

Ne aveva le palle piene di svegliare un miliardario quarantenne. Aveva l’astice in pentola, doveva ancora montare la maionese, lucidare i Bat-rampini e accompagnare Robin dal meccanico a ritirare il motorino, perché il signorino della metropolitana non ne voleva sapere, gne, gne, gne. Nel frattempo aveva già fatto la spesa, spolverato la libreria e sistemato il congegno dell’ascensore segreto per far scendere il padrone nella caverna, l’ultima volta era rimasto intrappolato e girava su se stesso come lo zucchero filato. 

Senza abbassare le braccia Alfred si guardò attorno. Bruce aveva gettato il mantello sul pavimento, la cintura multiuso l’aveva lanciata contro la poltrona in pelle di dinosauro, uno scomparto si era aperto, le TIC-TAC erano sparpagliate sulla moquette color Blu Notte in Bianco. Sul davanzale della finestra, fra le katane giapponesi e un vaso della dinastia MING, lattine di birra e un sacchetto del McDonald’s. E poi…un paio di stivali in lattice col tacco alto. 

«Bat-tona…» disse Alfred scuotendo la testa.

Bruce si mosse nel letto, si grattò le palle e tirò una scorreggia bitonale. Aprì gli occhi.

«Buongiorno Alfred»

«Signor Bruce» disse Alfred con riverenza «vedo che ha avuto una nottata…come dire…movimentata»

«Ah, Alfred, lascia stare…»

Bruce si alzò dal letto, i boxer con la scritta È qui il pipistrello?, e si fece infilare la vestaglia. 

La schiena, larga come una terrazza, era ricoperta di tagli, morsi, frustate e scottature di… Alfred non fece in tempo a guardare bene, Bruce si voltò e lo guardò bene in faccia. 

I baffetti di Alfred si piegarono come gli occhi di un cocker. Il suo Bruce, l’orfano miliardario, il pargolo di Martha e Thomas, a cui lavò viso e culo, culo e viso, a volte solo viso, per tutti quegli anni. Bat-borse sotto gli occhi, occhiaie nere come la Bat-caverna, barba di tre giorni: un cesso insomma. Il signorino Bruce, l’uomo più ricco di Gotham, secondo solo a Maria Teresa di Calcutta, la sua famiglia, Batman, che cosa ne era di lui?

«Guardami Alfred, non ne posso più! Alfred, oh…» sospirò il Signor Wayne. I baffetti di Alfred si appassirono a quell’alito di metà pomeriggio che sapeva ancora di Big Mac, le ginocchia dell’ottantenne si piegarono verso il centro. Era chiaro: Bruce Wayne, secondo a Maria Teresa di Calcutta, ma non alle fogne di Calcutta, stava attraversando una crisi di mezza età.

«Bruce, piccolo mio, che cos’è che ti manca?»

Bruce si sedette sul letto. Alfred prese posto vicino a lui, gli mise un braccio attorno alle spalle muscolose e lo tirò a sé.

«Non lo so nemmeno io, Alfred. Ho tutto: soldi, prestigio, potere, figa! Eppure non mi basta. Combatto il crimine da quando ho scoperto che Babbo Natale non esiste, sono in giro tutte le notti con quella calzamaglia da finocchio, la cintura di castità, una cuffietta con le corna e una specie di carro funebre che tutto è tranne che silenzioso! Sembro uno sfigato!»

«No, no, non dica così» Alfred gli carezzò la testa «al setting si può sempre lavorare, parliamo con Lucius Fox, va bene?»

«Non è solo il setting, Alfred. Alla gente non va comunque mai bene quello che faccio. Svento una rapina: eh ma Batman non potevi occuparti del fiume che è straripato? Disinnesco una bomba all’ultimo secondo, meglio di quell’altro lì, quell’altro Bruce…»

«Bruce Willis?»

«…sì, Bruce Willis, niente che anche lì la gente avrebbe preferito che mettessi in salvo il gommone che stava andando a Lampedusa!  Solo Giorgia è stata dalla mia parte, al telegiornale ha detto: “Ah Ba’, haifattobbene, nun te preoccupa’ dei gommoni, ce penso io!”. Ho lavorato tutto il periodo della pandemia, mentre la gente stava a casa a non fare un cazzo! Venivano pagati per guardare Netflix, girarsi le palle nelle mani e le catene di Sant’Antonio su WhatsApp. Tutti che si lamentavano perché a fare la spesa ci potevano andare solo una volta alla settimana, che non potevano andare dal parrucchiere, che il vaccino è arrivato troppo presto, troppo tardi, troppo puntuale, troppo poco, che non doveva proprio arrivare. E poi tutti ad applaudire ai balconi. E Batman? Il solito pirla che lavora gratis, niente applauso?» Batman unì le mani come aveva visto fare tante volte da Angela, ex cancelliera tedesca, poi proseguì.

«Se sono da una parte tutti vogliono che sia dall’altra. Emmanuel mi ha chiamato a Parigi per parlare con il Joker che voleva far saltare per aria la torre Eiffel, ora sono tutti incazzati con me perché invece dovevo parlare con Vladimir e guarda ora in che casino siamo: il costo della benzina, del riscaldamento, del mangime per le bestie, della vita, l’inflazione…»

contava con le dita, lo sguardo fisso sull’armadio in legno di baobab. Allora sono andato a Mosca per tentare di mettere qualche pezza e in Thailandia tutti indiavolati che dovevo aiutarli con il tifone. Allora sono volato in Thailandia ad aiutarli almeno a raccogliere i cocci delle case frantumate e gli americani dall’altra parte: “the Tycoon, Batman, not the Typhoon!”. Allora sono andato negli Stati Uniti e Joe – che neanche si reggeva in piedi – mi disse: “don’t worry Batsy, I do!”. Allora sono tornato a casa, visto che a quanto pare nessuno aveva bisogno di me. Mi sono cambiato, non ho fatto in tempo neanche ad andare sotto la doccia che Olaf dalla Germania mi chiama in lacrime: “Sto sulle palle a tutti, Batman!”. Allora mi sono fatto un bidè veloce e sono andato a Berlino, ma Olaf voleva andare a farsi una birra veloce all’Oktoberfest dove abbiamo rischiato entrambi il linciaggio perché un boccale di birra costava 14,50 euro! E poi» Bruce si voltò verso Alfred «cambio mezzi di trasporto come le mie mutande: la Bat-Moto, la Bat-Mobile, il Bat-Wing, il Bat-Sottomarino, il Bat-tello, per sentirmi dire da Greta e quei disperati di Ultima Generazione che mando in rovina il pianeta, che emetto troppa CO2. Mi hanno imbrattato anche la Bat-bici, cioè l’unico mezzo che non inquina: ma allora che cazzo vogliono? Sono stufo Alfred, adesso bat-ta!! Non ce la faccio a parlare con tutti gli psicopatici del mondo, ad occuparmi di tutti i problemi, a soddisfare tutte le esigenze, non ce la faccio a prevedere tutto! Per quello c’è Paolo Fox» concluse Bruce pulendosi un orecchio con il mignolo, lanciò una crosticina sul pavimento. 

«Alfred, mi manca riconoscenza, motivazione, la sensazione di fare davvero bene, sto perdendo l’amore per il mio lavoro, per la mia missione. Sono frustrato a tal punto da mangiare fast food, travestirmi e farmi menare da una domina» Bruce voltò gli occhi a indicare gli stivali da puttanone. «Per cosa faccio tutto questo? Non so neanche più perché mi alzo la mattina…»

«Se mi permette, Signor Bruce, sono le 15:25, e comunque la capisco sa? A tutti capita una fase simile, soprattutto a chi, come Lei, fa una vita di mer…» Alfred si raschiò la gola «comunque, a tal proposito…» si sfilò dalla tasca interna del frac una scatolina in argento «Le voglio far vedere il mio portafortuna, mi dà conforto nei rarissimi momenti in cui perdo l’orientamento. Mi basta leggerlo una volta e già mi sento meglio.»
Alfred aprì la scatolina, conteneva una finissima pergamena ripiegata in due. Era leggermente sbiadita dal tempo, ma il messaggio era ancora leggibile, forte.

Lascia al cuor seguir’ la sua rotta; e che tutto il resto si fotta!

«Oh, Alfred! È una delle pergamene del Maestro Perugina!» Bruce guardò commosso il suo maggiordomo, la sua famiglia, secondo solo alla regina Elisab…al re Carlo. 

«Signor Bruce» sorrise Alfred «non si può accontentare tutti, lo accetti. Si fa quel che si può, quando si può, e soprattutto se si vuò! Al resto ci penserà il tempo…o qualcun altro! Si permetta di chiudere qualche Bat-tente, le farà bene, dia retta a me. Non si può essere sempre supereroi»

«Alfred» Bruce gli mise la mano sulla spalla «ti ho mai detto che ti voglio bene? Che cosa farei senza di te?»

«Sciocchezze, Signor Bruce» Il vecchio maggiordomo si alzò sorridente e si avviò verso la porta.

«Ah, Alfred..»

«Sì, Signor Bruce?»

«Per pranzo mi fai la minestrina con le stelline, per favore?»

Il vecchio maggiordomo piegò la testa.
«Con piacere, Signore»

«Yuppi» Bruce alzò le braccia al cielo.

Alfred si voltò e aprì la porta. 

«Coglione…» sussurrò, e uscì. 

Immagine generata con DALL-E
“a bowl of soup with floating rice forming the Batman symbol, oil painting”