Dopo la piscina

Niente di più cristallino dell’acqua di piscina sulla quale ci si specchia questo sole d’agosto, che ha già visto giornate intense e quindi nulla lo spaventa più. Tutto chiaro, mi dico, anzi penso tra me e me. Tutto fottutamente chiaro. Mi dispiace, non l’ho fatto apposta. Io davvero non l’ho fatto apposta, so che si dice sempre così, che non lo si fa apposta, che è un circolo vizioso. E l’alito di birra – la settima e sono le due – inganna questo mio non averlo fatto apposta, cazzo mica sono inciampato, ho estratto il bancomat sette volte dal portafoglio, potevo andarmene in tempo, potevo anche pagare senza consumare, lasciare la birra in mano alla barista.

Ma non l’ho fatto, eppure non sono come gli altri: gli ubriaconi nei film, i giovinetti che si drogano nei parchi. Non sono un cazzo di debole come loro, o almeno non solitamente.

Poi è successo che non so come abbia fatto a salire in macchina, mi sono ritrovato al posto del passeggero e Delia ora sta guidando, quindi credo mi abbia pure cercato le chiavi nello zaino e non ricordo nulla. Ora vedo la tangenziale: linee discontinue che si rincorrono, vanno e vengono, non si sa bene se giocano o sono serie. 

Aspetta ma torniamo un attimo a quando stavo fissando quella cazzo di acqua cristallina della piscina. Mi era chiaro tutto. Torneremo a casa e vorrai il divorzio. E io nel difendermi, complice anche il fatto che mi reggo in piedi in maniera poco agile, farò delle figuracce colossali, è un attimo che vuoi dire una cosa e la dici sbagliata ma ancora peggio: è un attimo che vuoi tirare una carezza per consolare Delia e le tiri uno schiaffo sonoro, io devo quindi stare fermo ad ascoltare e ricevere il divorzio e poi. E poi le cose si vedranno strada facendo: un appartamento nuovo, magari una piccola disintossicazione perché peggio di un padre divorziato c’è solo un padre divorziato e alcolizzato, mi farò la barba ogni giorno e ricomincerà il processo di redenzione per tornare come una volta. E se non dovessi farcela allora si esce di casa e si conoscono persone nuove, si telefona l’amico che non senti da almeno dodici anni, per esempio. Cose così. 

Pietro scende dalla macchina per primo e si dirige autonomamente verso la porta di casa. Come al suo solito, si fermerà davanti alla porta per un po’, aspettando che uno di noi gli apra. Rimaniamo io e Delia a guardarci, come se dovessimo parlare qui ora, gli faccio un’occhiata della serie: dammi almeno il tempo di farmi una doccia, prima di buttarmi fuori. Sono le tre, sarebbe bello teletrasportarmi sul divano e chiudere gli occhi, e se chiudo gli occhi ora state certi che non li riapro più per dodici ore filate.

Non succede nulla di inaspettato, mi chiede il divorzio. Non è detto che in letteratura si debbano per forza raccontare cose che il lettore non aveva previsto. Ci si può annoiare anche qui, come accade nella vita almeno 20 ore su 24. Delia mi dice cose del tipo: Mi sembra giusto che oggi si arrivi a una decisione, non si può andare avanti così per un minuto di più. E io la blocco subito, esplodo in un pianto che ecco, questo non lo avevo mica previsto, le dico che mi dispiace, che ha ragione lei, che sono un coglione. Che razza di padre sono, e adesso come guardo Pietro in faccia dopo avergli vomitato tutto l’alcol della giornata sulla sdraio della piscina. E adesso aiutami tu per favore, perché se io faccio quello che dovrei fare allora aprirei il frigorifero e ne stapperei una, la berrei in 20 secondi circa, e poi ne stapperei un’altra. Invece aiutami, le dico, aiutami a non fare quello che devo fare, ma soprattutto fai in fretta perché Pietro è davanti la porta e potrebbe insospettirsi. Fai che Pietro non capisca tutto questo. Insomma fai qualcosa, porcodio, le urlo proprio porcodio in faccia, voglio guarire. Delia mi guarda sconvolta, come se non mi avesse sentito dire porcodio mai. Poi prende la borsa, tira fuori le chiavi della macchina che mi aveva precedentemente sottratto e me le ripone in mano. Mi dice: fai tu, se vuoi dormire qua direttamente.

Apre la portiera, la sbatte e se ne va verso casa. E io seduto, come un coglione, che mi viene una voglia forsennata di bere ma non ho niente con me.

Aspetto che Delia e Pietro entrino in casa. Poi mi metto nel posto del passeggero e accendo la macchina. Vado in retro a cazzo di cane, poi torno in prima e fuggo da questo posto, non so bene dove vado, ma capisco che non mi resta molto prima di non vedere più la mia famiglia. Non incontro nessuno per diverso tempo e quasi mi viene la voglia di addormentarmi. Anzi, mi viene proprio la voglia di addormentarmi. E chiudo gli occhi, sperando sia solo per un attimo, una frazione di secondo necessaria per rinfrescare la cornea. Facciamo una frazione di secondo in più, mi dico. Tanto qui, in questo complesso residenziale dormitorio di vecchi, sono tutti o in piscina o partiti per il mare. Alla peggio investo un riccio, ma non so nemmeno se è stagione. Cazzi suoi, tanto lui ha meno occhi di me in questo momento. Guido da quando ho quindici anni, quindi non ho alcun problema ad entrare in seconda, terza, eccetera anche a occhi chiusi. Finché non accosto non so bene dove, ma sempre senza aprire occhio. Spengo e mi addormento. Si sentono solo le cicale, facciamo che rimango qui un attimo e più tardi sarò senza dubbio sobrio, riconquisto tutto quello che ho perso in questi ultimi quattro anni di sbronza facile, mia moglie si ricrederà e magari faccio pure quei due spicci in più per risollevarmi. Facciamo che non muoio oggi, ma almeno mi addormento un pochino, un pochino e poi ricomincio la vita che ho interrotto. L’avevo detto prima che le cose andranno veramente così, non succede nulla di inaspettato, anche se questa è letteratura. La vita è talmente noiosa che ti dà una chance sempre.

Immagine generata con DALL-E
“a bottle of beer is at the bottom of a blue pool, realistic oil painting”