Zampe sporche

Ti nascondi passando da un’ombra alla successiva. Le tue zampe sono sottili, sai muoverti senza fare rumore. 

Attraversi il buio sulla punta delle unghie, ad accompagnarti c’è solo il raschiare basso contro il pavimento, che si posa sullo sfondo. Ti fermi, ti sollevi su due zampe stringendo quelle piccole e anteriori al petto, in ascolto. Alzi il muso lungo e a punta, annusi l’aria, l’odore di cibo sta sbiadendo in un alone acre di sudore, ti racconta di qualcosa che c’è stato, e che ora è finito.

Sei rimasta nascosta, ma ora tutto è silenzio. 

Una zampa dopo l’altra, piano, sei uscita dal tuo buco. Superi il corridoio a balzi, salti da una piastrella alla successiva, evitando le fughe. A guidarti c’è solo la luce che filtra dalla finestra, da cui arriva anche il rombo della strada, un luogo smisurato pensato per animali molto più forti e grandi di te.

Hai imparato che nel mondo ci sono due tipi di animali: quelli che camminano nella luce del giorno, e quelli che si spostano nel buio. Tu non appartieni a nessuno dei due. Tremi sia di giorno sia di notte. Quando non ti senti al sicuro ogni luogo è pericoloso.

La porta è accostata, speri di non rimanere intrappolata, di non dover lottare con la parte posteriore del tuo corpo, ma la fame ti ha scavata e scivoli nello spiraglio, sfiorandone i bordi. Cerchi riparo nell’ombra del divano, ti muovi tra le gambe delle sedie, ti arrampichi sulla tovaglia aggrappandoti con le unghie.

Sul tavolo ci sono bicchieri di carta, piatti vuoti, piatti pieni, un calice rovesciato, in cui infili zampe e muso. 

Lecchi il fondo, c’è un liquido frizzante, dolce. 

Il rimasuglio è concentrato, scivoli di lato, leggera e pesante insieme, la testa ti gira, il mondo è sfumato, ha perso i suoi spigoli.

Quello che non passa è la fame, annusi i piatti, non hai la forza di scegliere, lo zucchero si alterna alle proteine, ai carboidrati, al sale, a sapori chimici troppo forti. Ti riempi, fai spazio. Sei piena ma non basta.

 

Hai imparato che il mondo è diviso in fame e paura.

Si spartiscono lo spazio dentro di te, e quando hai meno paura, c’è più posto per la fame, che ti inghiotte intera. 

La fame è un tarlo che ti spinge verso la cucina, il tempio a cui dedichi ogni preghiera e da cui preghi di stare lontana. 

 

Segui il profumo. Sali sul bancone con le tue zampe sporche. 

Pizza, salame, pasta fredda, torta salata, maionese, focaccia, qualcosa di piccante ti anestetizza la lingua, formaggio, merendine, prosciutto, il sale delle patatine. Non sai mangiare, divori, infili tutto in bocca, più ti riempi e più ti svuoti. Muffin, vino, insalata di riso, salame, crostini al salmone, pesto, olive piccanti, biscotti con gocce di cioccolato, speck, marmellata, latte.

Usi i denti per triturare il cibo, almeno smetti di stringerli.

Hai imparato che se la pancia si riempie, la testa si svuota, che il cibo non lascia spazio per i pensieri, che più sei pesante e più diventi leggera, che quando hai le zampe sporche non hai paura.

Passi dei momenti di nulla, mangi più lentamente, annusi l’aria vuota e aspetti il sonno. Come materasso scegli la confezione vuota dei biscotti, come cuscino la carta unta della pizza, l’incarto di una merendina è la tua coperta, mentre nascondi il muso dentro un’oliva.

Solo il cibo ti permette di scivolare nell’incoscienza senza incubi. Gli occhi si chiudono, cerchi di tenerli aperti, ma hai solo bisogno solo di-

La cosa che-

Il mondo ti-

Hai imparato che sai arrotolarti come un huramaki, infilarti tra le pieghe del cibo, cadere in fondo al mondo, tuffarti di testa dentro il vuoto, lasciarti inghiottire.

Prima arrivano le vibrazioni, poi il rumore della porta che si apre. 

Cerchi riparo, provi a entrare nella scatola dei biscotti ma la tua pancia è troppo grande, non ci passi più, il tuo corpo ha di nuovo la pienezza che avevi dimenticato.

Scendi dal bancone con un salto, cadi attirata dal basso, e con te vorresti portare via le confezioni vuote, nasconderle, mangiarle se necessario, ma le tue zampe sono piccole.

Dal corridoio arriva una voce, dei passi. 

La luce si accende. La sala si restringe. 

Il tuo corpo non risponde, cerchi di proteggerti dalla luce, ma sei esposta.

Hai imparato che, anche se te lo dimentichi, tutto è paura. La paura è più forte del cibo, più forte della fame. Ti ancora al tuo peso, al tuo corpo.

Per primi arrivano i piedi, lui è enorme, torreggia su di te. Ti ha vista. 

Potrebbe schiacciarti, se volesse. Può farti scomparire in un attimo. È alto fino al soffitto. I jeans sono larghi sulle gambe magre, la maglietta cade dritta sulla pancia tesa, le spalle, il collo lungo, il viso magro in cui si vedono gli zigomi sporgenti.

«Passato il mal di testa?»

Tieni la bocca chiusa.

«Nemmeno per il mio compleanno potevi sforzarti di stare con noi?»

Guardi fuori dalla finestra.

«È rimasto qualcosa?»

Ti tieni la pancia.

«O hai mangiato tutto?»

Ti arrotoli su te stessa.

Speri di scomparire, mentre ti copri il viso con le tue zampe sporche.

Immagine generata con DALL-E
“long cat paws walk among food remains pizza box and other food packs on the ground, surrealist painting style”