Virus

C’è vento e piove. Un tempo da lupi. Il fuoco sta morendo nel caminetto di pietra e lei si dà da fare per mantenerlo vivo nonostante il vento ostile che si insinua dalla canna fumaria fa tossire e sbuffare la fiamma. Si volta per cercarlo, per chiedergli un po’ d’aiuto ma lui non c’è. Al suo posto, seduto proprio sulla sua poltrona, con i suoi occhiali e il suo portatile in mano, c’è un enorme, viscido verme verde. Quell’essere la guarda con i suoi quattro occhi neri, inespressivi, ebeti, apre e chiude la bocca che è messa in verticale sulla faccia deforme, piena di bozzi e pieghe repellenti. L’essere sta per dirle qualcosa ma lei si sveglia. È fradicia di sudore, seduta in mezzo al letto. Deve avere urlato perché si è svegliato anche lui e ha acceso la lampada sul comodino. «Che diamine ti prende?» «Niente, niente. Solo un incubo.» L’ambiente familiare della camera da letto la rassicura. Prima non poteva metterci la mano sul fuoco ma ora ne è proprio certa: si era trattato di un sogno, un incubo grottesco e terrificante, ma comunque irreale. «Rimettiti a dormire, non è nulla.» L’uomo spegne la luce e l’abbraccia sotto le coperte. Lei ci mette un po’ prima di riaddormentarsi. «Stanotte ti ho sognato.»

Lui non l’ascolta, non fa neppure un cenno con la testa. Continua a bere il suo caffè e a leggere il giornale. «Ho sognato che ti eri trasformato in un parvovirus»

prosegue lei con un tono accusatorio inedito, un po’ sfacciato, secondo il parere di lui.

«In cosa mi ero trasformato?»

«Te l’ho detto, in un parvovirus. Eri un coso… una specie di verme, lungo e verde, con una faccia orribile. E sembravi idiota.»

«Che enorme sciocchezza!»

«Ti sembrano sciocchi perfino i miei incubi adesso?»

«Non fare la permalosa.»

«Voglio solo sapere perché ti sembra una cosa stupida.»

Lui mette via il giornale e finisce di bere il caffè leccandosi le labbra in un modo così rivoltante da farle quasi venire i brividi.

«Mia cara, il tuo sogno è scientificamente inesatto. I parvovirus hanno una forma orbicolare, come gran parte dei virus. Non sono lunghi come vermi.»

«Credo che non sia questo il punto.»

«E inoltre» continua lui, con l’usuale tono saccente, «i virus sono organismi sub-cellulari con una struttura molto semplice. Dubito che qualche virologo ne abbia mai scovato uno in possesso di una  faccia.»

«Si dà il caso che io ne abbia visto uno lungo e verde su uno di quei tuoi libri disgustosi.»

«Lo trovo fortemente improbabile.»

«Eppure è proprio così. E ti ripeto che non hai centrato il punto.»

«Va bene. Illuminami, cara.»

L’uomo incrocia le braccia e poggia la schiena sulla spalliera della sedia. Ha un sorriso che la irrita e la inquieta. Per un momento le sembra di vedere qualcosa di strano nella bocca del marito.

«Intendo solo dire che è curioso averti sognato in quel modo. Eri così inespressivo, quasi ebete. Aprivi e chiudevi la bocca che era messa in verticale sopra la tua faccia deforme, piena di bozzi purulenti. Non lo trovi curioso? Perché mai ho fatto un sogno del genere?»

«Tesoro, le spiegazioni possibili possono essere solo due.»

«Sul serio? Illuminami, caro.»

«Potresti non trovarmi più attraente, dopo dieci anni di matrimonio è normale. Oppure è stato tutto il fritto che hai mangiato ieri sera.»

«Davvero divertente.»

«Non voglio prenderti in giro. Solo che a volte è bene non dare peso a certe cose. I sogni sono solo sogni. Non pensarci più, d’accordo?»

«D’accordo.»

«Faccio una doccia di corsa, è già tardi.»

L’uomo si alza e quando si avvicina alla moglie per darle un bacio, lei percepisce un odore strano, di acqua stagnante, di umidità viscida e malsana. Il marito si sposta in bagno e lei tira un sospiro di sollievo.



Lui rimane in bagno per un tempo infinito. Si sta facendo davvero molto tardi.

La donna bussa alla porta della stanza: «Tesoro, ti dispiace se entro? Sei lì da più di mezz’ora.»

Non le arriva nessuna risposta. Le sembra di sentire un rumore insolito, come il fruscio che provoca il passaggio di una lucertola nell’erba alta.

«Tesoro, posso entrare in bagno, per favore?»

«Cara, temo non sia possibile.»

La voce che sente arrivare ha un suono freddo e malevolo, inumano. Ma il timbro è quello di suo marito.

«Che sciocchezze dici. Stai male?»

«Non lo so esattamente, cara.»

«Guarda che entro!»

Lei esita, trema al solo pensiero di varcare la soglia, ma non ha alternative. La porta cigola, come tutte le altre volte. Viene accolta da un odore acidulo, simile a quello sentito poco prima, ma più pungente. Proviene da un liquido giallastro sparso sul pavimento. Deve fare attenzione a dove mette i piedi, potrebbe scivolare.

«Tesoro, è tutto a posto?»

Si pente immediatamente della domanda sciocca, è evidente che non è tutto a posto. Se lui fosse ancora lui gliel’avrebbe fatto notare. Singhiozzi strozzati provengono dall’angolo dietro la doccia. 

La donna si muove lentamente verso i suoni: sotto i suoi occhi inorriditi c’è un’enorme sfera violacea e molliccia ricoperta dal liquido maleodorante che sembra produrre essa stessa. La sfera le parla, anche se non ha né faccia né bocca.

«Mi dispiace, cara» piagnucola la voce malevola di poco prima, «avrei dovuto dirtelo»

«Tesoro, sei tu?»

Ma la creatura non le risponde. Continua a piangere, disperata. La donna corre in camera e prepara velocemente le valigie. Quando chiude la porta di casa alle sue spalle è perfettamente cosciente del fatto che non ritornerà mai più.

Immagine generata con DALL-E
“a long green worm with glasses works on the laptop sitting in an armchair, realistic oil painting”