Ad alta voce vive il silenzio

Il soffitto continua a sfarinare e sulle dita di mio padre si accumula polvere su polvere. Ma questo non ha nulla a che vedere con il terremoto. I suoi pollici si allenano tutto il giorno sullo schermo a risolvere sudoku da quando nel salotto non c’è più l’eco delle cazziate. I prefabbricati pesanti, sotto casa, sono laboratori di dolci con zucchero a velo al veleno. Di mia madre nessuna notizia dalla stanza da letto. Un sorriso strozzato in gola, una lunga cicatrice al seno destro, le gambe molli e i capelli sempre corti.

Mi sono rasato la testa anche io, ancora una volta, ma non mangio più le unghie, le limo fino a farle sanguinare.

Ogni cuticola è al suo posto. Non mi hanno mai raccontato da piccolo la fiaba dell’uomo che viveva vicino a uno stagno e che una notte fu svegliato da un gran fragore, allora uscì al buio e iniziò a vagare fino a quando un rumore non lo guidò alla falla sull’argine. Una volta tappata se ne tornò a dormire e quando la mattina dopo si affacciò alla finestra vide che le sue orme avevano disegnato la figura di una cicogna. Io, quando di notte mi sveglia un rumore boato, esco di casa e in cortile è buio. Giro e giro ma non trovo nulla da mettere a posto. Allora rientro in casa, senza fiato e alla mattina quando esco sul balcone le mie orme hanno disegnato i confini di una prigione buco nero. Da quando hanno smesso di fare l’amore, in casa è proibito parlare. E nessuno ricorda più da quanti anni sussurriamo denti insanguinati e bestemmiamo segreti. Ogni domenica mia nonna Ada arrivava col vassoio di pasticcini. Prima di mettermi a letto, mi spalmava di unguento balsamico il petto e le ali del naso e per farmi addormentare mi raccontava dei vicini inghiottiti dalla loro stessa casa. Lascia stare gli adulti, concludeva sempre. Sono troppo impegnati a non smuovere la polvere e a cospargersi il capo con un velo di zucchero. Tu non dirlo a nessuno, nemmeno a te stesso, ma sappi che prima o poi si deve mettere ordine tra le macerie.

Immagine generata con DALL-E
a man’s hand dirty with white powder, oil painting