Kenaz

Ascolta! Il vento sta aumentando
E l’aria è selvaggia con le foglie.
Abbiamo avuto le nostre serate estive,
e adesso è l’ora di ottobre.
Humbert Wolfe

Entrambe indossavano sempre un braccialetto identico: un filo di colore giallo, ornato da un ciondolo a forma di gufo. Tutte e due adoravano i fiori di Verbasco e avevano in comune l’amore per l’autunno.

Ma Ambra e Alma avevano condiviso qualcosa di più grande, un luogo tanto intimo da divenire magico: lo stesso utero.

Ogni anno, non appena il calendario le avvertiva che il 31 ottobre era giunto, le gemelle seguivano la madre e il padre verso la grande pineta e aspettavano il tramonto. Si trascinavano dietro un grande sacco di iuta e, proprio da lì, tiravano fuori tutto il necessario per la cerimonia.

I quattro formavano un cerchio, si stringevano le mani e cominciavano a girare, mentre i capelli biondi delle bambine svolazzavano con il vento della sera, ornati da coroncine di foglie secche. Al centro, una zucca intagliata mostrava la fiammella di una candela.

“Così i nostri cari che non vivono più questa vita sapranno trovarci” era solita ripetere la madre.

Allora Ambra e Alma giravano correndo sempre più forte, ridevano e intonavano canzoni così, per i loro nonni, sarebbe stato ancora più facile raggiungerle.

“Prepariamo del cibo per i nostri cari e per gli animali della pineta”. Il padre delle gemelle imbandiva un gustoso pic-nic, poi porgeva alle bambine un sacchettino di stoffa e lasciava che le manine delle due pescassero un pezzetto di legno con incisa una runa.

Le rune scandinave erano ventiquattro, ognuna con un forte valore simbolico, nonché predizione dei giorni che sarebbero venuti.

“Io spero esca Kenaz” disse Alma, una volta. “La runa che rappresenta una torcia accesa, il calore e la conoscenza”. Ma la runa che fu estratta era Isa, sinonimo di ghiaccio.

Quello stesso inverno, quando tanta neve ricoprì la città e la grandine imperversò rendendo le strade troppo scivolose per essere percorse, Alma perse la vita a causa di un male improvviso.

Quello stesso inverno, quando tanta neve ricoprì la città e la grandine imperversò rendendo le strade troppo scivolose per essere percorse, Alma perse la vita a causa di un male improvviso.

Fu da allora che Ambra tramò vendetta nei confronti di Madre Natura. Come le rune avevano predetto, il gelo si era insinuato nella vita dell’intera famiglia, allontanando Alma dalle braccia confortevoli dei genitori e della sorella.

Ambra si rifiutò di curare le piante che ornavano il giardino, di alzare gli occhi al cielo e bearsi della luce del sole e della grazia della luna con le sue stelle. Crebbe nel rancore, con il solo desiderio di spezzare rami agli alberi e recidere corolle ai fiori.

Divenuta una giovane donna, sempre più bella, Ambra aspettò il 31 ottobre per recarsi nuovamente nella pineta. Erano anni che non faceva il suo ingresso in quel luogo che tante volte aveva considerato incantato, ma quel giorno era pronta a dar voce a tutta la sua rabbia.

Tra le mani stringeva una torcia accesa e quelle stesse fiamme si aggrapparono, come un abbraccio vorace, ai tronchi di quei pini che un tempo gli erano cari come fratelli.

Fu allora che tanti gufi cominciarono a bubolare, imbastendo una melodia che non ricordava il lamento e il dolore che avrebbe dovuto provare l’intera pineta, bensì le canzoni che Ambra, assieme alla sorella, erano solite intonare mentre festeggiavano l’autunno.

Nonostante il fuoco, Ambra percepì la chioma di un pino cingergli le spalle.

“Chi sei?” gridò, presa dal panico.

“Ma come, non mi riconosci?” rispose il vento.

Ambra, sempre più spaventata, cercò di liberarsi dalle carezze degli aghi di pino, ma l’aria continuò a perdersi in sussurri.

“Io sono qui. Sono sempre rimasta qui. Esisto nei frutti che ci donano i pini, nel volo degli uccelli, nel terreno che hai calpestato con rabbia. Credevo che scegliendo la pineta come casa avrei rivisto la mia famiglia ogni anno e avrei continuato ad abbracciarvi. Perché adesso bruci la mia dimora? Vuoi davvero uccidere il sangue del tuo sangue?”

Ambra chiuse gli occhi e lasciò che un mare di lacrime spegnesse l’ira del fuoco. Il dolore sgorgò via dal suo cuore e si fece tempesta: un diluvio capace di spazzare via il veleno del quale era intriso il suo animo. Alma non l’aveva mai abbandonata, era stata lei a non proteggere ciò in cui avevano sempre creduto: l’unione della famiglia, la bellezza del Mondo.

Ancora oggi, Ambra, assieme a sua figlia, al suo compagno e ai genitori si reca presso la pineta, ogni 31 ottobre. Anche la piccola estrae una runa da un sacchettino di stoffa, ma ogni volta sbuffa.

“Perché esce sempre Kenaz? Così non è divertente!”

Allora Ambra sorride: “Perché zia Alma vuole ricordarci di rimanere uniti, ispirati dal calore delle fiamme della conoscenza”.

I gufi cominciano a bubolare inneggiando alla notte, mentre tutta la famiglia canta con loro, divenendo eco di tanti ricordi. 

Ogni anno, un nuovo fiore di Verbasco sboccia ai piedi di un pino.

Immagine generata con DALL-E
“a woman in the middle of a circle of trees with a torch in her hand and a flutter dress”