Nella fabbrica della Decisoria universale
«Fontanella o non fontanella. Il bambino è incosciente. La fontanella c’è ed è ancora aperta. Siamo ancora in tempo». Il Decisore più anziano, rivolgendosi al collega più giovane, premeva con insistenza sulla testa del piccolo seduto sul nastro trasportatore della Fabbrica Universale e che gli era capitato a tiro. La fabbrica dove si assemblavano i bambini era un luogo asettico, bianco e metallico, con grandi orologi analogici proiettati sulle pareti. «Quando la fontanella è aperta Dio Nostro Signore può entrare ancora in lui. Tocca la sua testa, qui, è molliccia. Un burrone buio. E se ci caschi dentro, da domani ci troverai le parole del Vangelo Secondo Matteo, o di Luca, o di Giovanni»
«Hai già deciso tu per lui? La fontanella potrebbe essere aperta per metterci dentro le parole del Corano o i fondamenti del buddhismo. Chi ti dà la certezza che debba essere necessariamente cristiano?»
«Se i miei calcoli non sono sbagliati, e io non sbaglio mai, ha i lineamenti di un cristiano. L’occhio vivace, la pelle tendente al bello, la pulizia, la perfezione di chi genitorialmente sta da quella parte»
«Da quale parte? Stai blaterando, te ne rendi conto? La genitorialità? Cosa vuol dire?»
«Non blatero nulla. È un dato di fatto. Pelle bianca uguale ricchezza, quindi determinate aree geografiche ben definite, religione cristiana» e il Decisore anziano straparlava mentre premeva i tasti del grande planetario verso cui si spostò. Le mappe geografiche che gli si paravano davanti agli occhi non erano la sua competenza migliore, eppure si elevava a grande conoscitore.
Il Decisore più giovane, decisamente meno esperto, assunto da poco nella Fabbrica Universale, appena entrato nel reparto Decisoria, ma con un senso della democrazia più elevato, guardò il collega con esitazione. Strabuzzò gli occhi e gli urlò contro:
«Ma è follia. La tua è una follia delirante. Come puoi decidere dai tratti somatici di un bambino quale sarà la sua religione d’appartenenza, l’area geopolitica in cui vivrà o sopravviverà e quale sarà il suo destino?»
«Amico, il nostro lavoro è affidare le creature che devono essere messe al mondo, al proprio destino. E arbitrariamente siamo noi a decidere dove devono andare a finire. Io mi attengo alle regole che ci vengono imposte. Ecco perché sto valutando il suo futuro attraverso i tratti somatici. Non ha la pelle scura, non ha gli occhi allungati, vado un po’ per esclusione. Lui dovrebbe essere affidato al centro Europa, in qualche Paese per convenzione civilizzato, mediamente ricco»
«Fulminato. Tu sei fulminato» urlò il Decisore giovane che, con le mani tra i capelli, avvertì un senso di calore salirgli dai piedi in faccia.
«Questo ragazzino potrebbe essere affidato a chiunque, in qualunque parte del pianeta, anzi dovrebbe funzionare proprio così. Chi ha deciso che il colore della pelle fa la differenza?»
«Lo hanno deciso migliaia di anni di vita terrestre, di umani, civiltà e civilizzazioni che si sono susseguite una dopo l’altra, insomma la storia»
«Ti sbagli, forse volevi dire che lo hanno deciso menti malate, anni di battaglie, guerre, sopraffazioni, schiavitù, sfruttamento di un popolo su un altro, la convinzione di qualcuno della propria superiorità su qualcun altro»
«Sai, amico, potrebbe essere come dici tu, ma resta il fatto che alcuni sono superiori ad altri»
«Allora innanzitutto non chiamarmi amico perché io e te non siamo amici, abbiamo visioni così lontane che mai potremmo esserlo. Poi amico di cosa se io e te non abbiamo neppure mai mangiato assieme?»
«Io ti chiamo amico in maniera ipotetica. Potremmo essere amici perché facciamo lo stesso mestiere, capisci?»
«Capisco, ma non sono d’accordo. Non sono tuo amico perché faccio il tuo stesso mestiere, anzi, io non faccio il tuo stesso mestiere dato che tu sei solo un mestierante e questo mestiere non lo sai fare affatto. Inoltre abbiamo visioni talmente tanto lontane, che non potremmo trovarci d’accordo neppure sulle cose più banali. Se io dicessi oro tu diresti mirra, se io dicessi lago tu montagna, se io provassi con ornitorinco tu con giraffa. Forse per contraddirmi a prescindere oppure forse solo perché sei di un’ignoranza inaudita»
Il Decisore anziano inorridì. Essere definito ignorante da un pivello fricchettone spavaldo e tanto ingrato, non lo accettava assolutamente.
«Io sarei ignorante? Lo sei tu, amico, che non conosci le leggi del mondo e dell’umanità. E a questo punto credo che tu non sia adatto per questo mestiere. Alla prossima riunione della “Decisoria Universale” lascerò referenze negative nei tuoi confronti. Ricordami la tua matricola?»
«Te lo puoi scordare. Non ti dirò mai la mia matricola. E fortunatamente io ho una buona memoria» disse il Decisore giovane a quello più anziano. E continuò: «Ricordo la tua perfettamente, caro 88742/C»
«Ma come hai fatto?» rispose il Decisore anziano, smemorato com’era non ci credeva che il Decisore giovane potesse ricordare la sua matricola con tanta precisione.«Te l’ho appena detto. Ho una memoria di ferro a differenza tua e vedrai alla prossima riunione della Decisoria. Sarò io a parlarne con il Grande Maestro che ti solleverà da questo compito e ti metterà alla piattaforma plasmatoria. Potrai solo plasmare i corpi. Il Grande Maestro mai approverà il tuo modo di operare. Vedrai carino. Ti rovino, io!»
«Non puoi farlo. No. Non è corretto. Il tuo è un bluff. Non lo farai. E poi, cosa avrò detto mai di così grave? Cosa vuoi? Vuoi che questo bambino vada a finire nell’Africa subsahariana o in mezzo alla foresta Amazzonica? Ma fallo pure. Lascio a te le decisioni»
«Non è questo il punto. Povero stolto. Il punto è la tua convinzione che il colore della pelle o la forma degli occhi possano delimitare lo spazio fisico in cui un destino possa essere definito. Dovremmo iniziare a stravolgere i piani dell’universo, sovvertire le regole di questo mondo ingiusto. E tu dovresti essere super partes in questo tuo ruolo.
Troppe guerre, troppe ingiustizie, troppa violenza non giustificano il perpetrarsi di altre guerre, altre ingiustizie e tanta altra violenza. Noi dovremmo essere i primi, dato il ruolo affidatoci dal Grande Maestro di essere al di sopra delle religioni, dei giochi politici degli umani e delle differenze meramente economiche, dovremmo essere i primi a mischiare le carte. Un nero in Europa, un bianco in Asia, un giallo in America. Insomma, basta confini. Basta limiti.
Invece noi siamo più limitati di quei limitati laggiù»
Il Decisore anziano, gettatosi a peso morto su una delle sedie girevoli del reparto Decisoria, persuaso dall’idea di poter regredire ad un grado inferiore e anche da quella di pulire i cessi di chissà quale luogo infernale, si capacitò, suo malgrado. «Va bene, amico. Ho capito. Faccio come dici tu. Mettilo un po’ dove ti pare questo bambino. L’importante che non ne parli con il Grande Maestro e non mi mandi alla piattaforma plasmatoria o peggio ancora, a pulire i cessi della Decisoria»
«Bravo 88742/C. Bravo! Ora sì che ce la intendiamo, amico! Visto, basta poco».
Immagine generata con AI generativa di Adobe Photoshop
“dipinto ad olio dell’interno di una fabbrica dove degli operai assemblano bambolotti”