Atterraggio morbido
Johnny Con L’Acca e Jonny Senza, Jhonny Con L’Acca Sbagliata; Jamaica John e John l’Irlandese; John Byrne, John Nolan, John Perry, John Terracciano con il nonno abruzzese; John Quello Alto e John Denti Marci, John di Liverpool, Johnny del Costa di Tooting, John Il Landlord: e con questo i John dovrebbero essere finiti.
Aspetta: John Il Biondo – ma anche John Byrne era biondo – quindi John Il Superbiondo e allora pure Johnny Capelli Rossi. John Just-a-coffee.
«Cosa prendi?»
«Solo un caffè»
«Espresso?»
«Flat white, single shot, ma con il latte di mandorla. Due bustine di dolcificante».
Troppe variazioni sul tema del John in questa città di John e per la maggior parte sono degli stronzi. Impossibile ricordarli tutti. Per non parlare delle Jenny.
Pianta la penna sul tavolo della cucina e si alza dallo sgabello, questo cigola e lo speaker si pausa per mezzo secondo. Google Assistant crede stiano parlando con lui ma non é vero, così torna a dormire e riparte la playlist che Spotify dice è giusto ascoltare se sei pienamente qui. Se ci sei ora.
Raggiunge il frigorifero, apre l’anta – l’ammaccatura in alto a destra c’é sempre stata, vedano di non rompere i coglioni quando sarà il momento di restituire il deposito che altrimenti se ne torna dritta filata con un RyanAir da Orio solo per prenderli a calci nel culo – restano mezzo panetto di burro giallo e una vaschetta del cinese che chissà da quanto tempo sta lì, ma ormai il secchio l’ha già vuotato e pace.
Ci sarebbe da scendere all’off licence e fare una di quelle cose da vita di Serie A, tipo pescare dallo scaffale in alto la bottiglia di Dom Pérignon, anche se la mettono a cento sterline e sta lì da quando si sono giocati la semifinale contro la Croazia. Ma sarebbe giusto per fare il numero, per il senso del cinema: farla trovare sul tavolo mezza vuota – anzi, del tutto piena se non fosse per un paio di sorsi – bella lucente, quando la puttana di KFH viene a ritirare le chiavi domani mattina. Quanto è rimasto nella Monzo? Al netto del bus fino a Victoria non ci saltano fuori che un paio di Tyske e meno male la navetta per Stansted l’ha pagata in anticipo.
Torna al tavolo, lo sgabello cigola un’altra volta e sospende per il solito mezzo secondo le Wet Leg. Forse viene più facile ordinare tutti indirizzo per indirizzo, coinquilino per coinquilino. Scrive in stampatello OSTELLO – CAMDEN: le prime due settimane in camerata mista da otto, lo zaino da campeggio schiacciato sotto il letto faceva la gobba al materasso. Odore di piedi. Odore di disinfettante. Tre algerini di cui non ha mai saputo il nome, Nicola La Donna – che forse aveva un’acca da qualche parte – e Nicola Il Maschio che veniva da Aprilia; Nathalie, Kostas, Ronnie, la coppia di slovacchi che non parlavano con nessuno – nemmeno tra di loro. Erano tutti lunghi – i corpi, le facce, gli sguardi – e perché i piedi non spuntassero fuori dalle brande stavano raggomitolati come bambini giganti.
Vero. I bambini. Otto mesi spesi a fare la baby-sitter a chiamata: le agenzie chiedevano minimo tre referenze, i certificati, gli attestati di abilitazione al primo soccorso infantile che dicono sia diverso da quello per gli adulti – fino al compimento del terzo anno di età non ti è permesso soffocare come i grandi – per fortuna nei gruppi Facebook per gli italiani all’estero è sempre pieno di mamme a cui basta il livello minimo garantito della combo ritiro-a-scuola + sopravvivenza-fino-alle-sei-di-sera per Gemma, Luca, Marco, Lucia, Sofia, Sophia, Sophie, Anna, Diego, Emilia, Francesca, appallottolati in fretta nell’angolo in basso a destra del foglio, inquadrati da una grande parentesi graffa che punta verso l’elenco delle mamme e dei papà e di qualche fratello o sorella maggiore.
Se parti senza aspettative non potrai mai dire che non è andata come te lo immaginavi. Doveva essere giusto una vacanza: un paio di settimane, al più un mese; ma poi c’erano le gig e i festival, i beer garden così attrattivi con i fili di lucine appesi festosi e le pinte ancora sotto le cinque sterline; quando i soldi avevano preso ad assottigliarsi si era fatto agosto con le scuole che riaprono ed era partita la cosa dei bambini, per caso, scrollando lo smartphone una mattina alla fermata del 7 direzione Marble Arch. L’appuntamento per il National Insurance Number, la coda in mezzo alle islamiche con le loro tonnellate di figli e i polacchi scocciati perché gli saltava il giro delle consegne.
I poster alle pareti della sala d’attesa invitavano a non insultare gli impiegati. E poi i bar, i ristoranti, le pizzerie, le mani bruciate a raschiare raclette al banco del formaggio al Borough Market - incastrare i turni, gli spostamenti, gli orari. La compagnia di catering che ti chiama sempre all’ultimo e ti sbatte a lavare piatti a Battersea, a servire ai tavoli a Mayfair, a girare con un vassoio carico di vol-au-vent al blue cheese in uno dei palazzi nuovi a Kings Cross. Gli eventi corporate, le cene per le raccolte fondi.
«Le fanno davvero, come nei film»
«Solo che qui sono più brutti e sono vestiti peggio»
«Le scarpe, più che altro. Mai viste così tante scarpe di merda tutte insieme».
Aveva conosciuto Laura che ancora era Laura, ad una cigarette break nel retro di uno speak-easy a Islington. Studiava alla Goldsmith, faceva video che lei non capiva ma diceva sempre “good” per non sentirsi una scema. Un pomeriggio l’aveva portata in uno squat a Hoxton perché un collettivo ci aveva piantato dentro una mostra che doveva essere bellissima e invece c’erano stencil con la faccia della regina tempestata di cazzi spruzzati con una bomboletta rossa, manichini vestiti steam-punk e altre robe così. Con il loro pacco di lattine calde sotto il braccio avevano trovato la via del tetto e c’era il vento, e il panorama non era granché, ma ridere e baciarsi era stato bello uguale.
Tempo qualche settimana e Laura non sarebbe stata più Laura ma avrebbe preso a farsi chiamare diversa, con i capelli rasati e le pastiglie di ormoni e via a Berlino perché alla fine Londra ha rotto il cazzo ciao. Era autunno pieno ma ancora non faceva mica troppo freddo; ricorda tornava alla casa ad Hammersmith che era già buio. Le luci dietro le finestre, poca gente sui marciapiedi. Una volpe infilata svelta tra le siepi di un giardino.
E così Laura, Tom, Sheela; Peter e Paul – via uno sotto l’altro: con gli amici ridono di quello che definiscono tutt’ora il suo periodo apostolico – Alice pronunciato all’italiana e poi Alice all’inglese perché veniva da Canberra. Non c’è mai stata in Australia, ma adesso dicono non sia più semplice come una volta: rompono tantissimo le palle con i permessi di lavoro e tutto il circo delle burocrazie varie.
Mica come qui. Dopo il referendum le chat di Whatsapp impazzite perché sembrava le avrebbero cucito una patch con la pizza sulla camicia e l’avrebbero spedita in un centro di rieducazione a Wolverhampton a ingoiare jelly eels.
Non era successo niente. Non è successo niente. Non succede mai niente.
Sette anni non sono pochi, ma trovi sempre qualcuno che sta qui da più tempo e ti dice che ancora non sono tanti – ancora non sono abbastanza per dichiararsi ufficialmente stufi. Tornare a casa non si pianifica, mai: si fa di pancia, semmai. Si disdice l’affitto della camera dall’oggi al domani, si smette di andare a lavorare senza nemmeno il bisogno di licenziarsi. Un leaving party con quel paio di amici.
Citymapper dice che il 3 per il centro passa tra otto minuti. Il foglio con tutti i nomi finisce in una palla nervosa. Ha giusto il tempo per prendere lo zaino e scendere in strada, accendersene una prima che il driver accosti alla pensilina.
Oppure.
Un messaggio a Tyler, Jess, Cristina, Christine, Steve, Ana e qualcuno sicuro risponde. Un divano per un paio di giorni, massimo una settimana – ma anche per terra eh, tanto il sacco a pelo ce l’ha. Ha visto a Brixton c’è una vacancy ogni tre vetrine e qualcosa si trova facile: piuttosto portare le pizze di Papa Johns.
La luce arancione intermittente della freccia del bus si stacca dal bordo del marciapiede. Sotto la pensilina restano i poster di pubblicità che invitano a mangiare meglio, a investire meglio, a volersi più bene. Una volpe attraversa la strada, lenta: si ferma a metà della carreggiata per guardarsi attorno. Scompare.
Una classe di yoga. Domani mattina come prima cosa una classe di yoga.
Per il resto si vedrà.
Immagine generata con AI generativa di Adobe Photoshop
“dipinto ad olio in stile pop art che ritrae una bandiera del regno unito scolorita e sgualcita”