Traditore seriale per mancanza di serietà (già Minchia anarchica)
Pietro non sapeva riconoscere i suoi errori. Anche quando tradiva Maria. Nonostante gli sforzi, era convinto di avere nei suoi confronti un malsano rispetto che si nutriva di presenza e riconoscibilità.
Di ritorno a casa, con ancora addosso il profumo di un’altra donna, veniva risucchiato in un vortice di emozioni bastarde che provocavano ulcere puntuali e costanti mal di pancia.
«Ti ho tradita» le confessava appena sotto le coperte, stringendola in un abbraccio che pensava le potesse bastare. Una disarmante verità la sua, di quelle che ti arrivano come uno schiaffo in pieno viso quando meno te l’aspetti.
«Sai quando parlavamo di relazione aperta…» provava a giustificarsi lui. «Tu parlavi di questo» rispondeva Maria in preda a una crisi isterica che le soffocava il respiro, «io ti ho sempre detto che siamo persone libere e aperte di pensiero. Testa di minchia».
Pietro non era bello, ma piaceva. Possedeva un fascino immorale, quasi volesse sfidarti ogni volta che ti faceva un sorriso anche solo come gesto di gentilezza. Aveva ereditato l’altezza da suo padre e gli occhi verdi di sua madre. Con il sole in viso si notavano anche delle striature marroni, come piccole pagliuzze buttate lì a caso.
Barba incolta, sorriso confortante da psicologo della mutua e una testa piena di riccioli confusi, proprio come quello che provava ogni volta che sentiva la necessità di tradire Maria.
Nessuno lo prendeva sul serio anche quando parlava di argomenti profondi come il mare in cui annegano gli immigrati che cercano una possibilità e non tornano più a galla. E quando si interrogava sull’omofobia, il razzismo o le condizioni della politica italiana, aveva idee buone che manco ci credevi.
A Pietro piaceva fottere, ma con il consenso. Questo, in un’epoca buttana come la nostra che ti ammazza e abbandona sulla strada con la gola sgozzata, lo rendeva un po’ speciale. Intingere il cazzo nella marmellata e poi prendersi a morsi.
Aveva una gentilezza genuina e non era mai volgare. Fotteva tutti, lui per primo. E non se lo sapeva spiegare, manco fosse dentro una canzone di Tiziano Ferro.
«Non ti piaccio più?» chiedeva Maria assumendosi tutte le responsabilità dei suoi tradimenti.
«Ma certo che mi piaci!» ripeteva Pietro.
«Però ti piace ficcare pure con le altre» rispondeva lei con accento palermitano nonostante i dieci anni a Milano.
«Ho la minchia anarchica» si ripeteva lui davanti allo specchio come un mantra.
Sentiva l’esigenza di essere gentile con chiunque incontrasse lungo il suo cammino. Dalla vecchietta con le buste della spesa fuori dal supermercato, fino all’ubriaco steso per strada incapace di allacciarsi le scarpe.
Era amabile e ti faceva buttare sangue da una ferita che credevi si fosse già cicatrizzata.
Non si poteva portare rancore a uno come Pietro. Tutto gli veniva perdonato, ma a lui col cazzo che bastava. Prendersi in giro era il suo sport preferito. Medaglia d’oro nel tiro a campare tirando la cinghia fino a soffocare.
Pietro stava male, ma nessuno lo sapeva.
E se la sua minchia era anarchica, il suo cuore dettava delle regole che pulsavano fino a provocare lo sconcerto nel cervello, come quando in radio passa una canzone di un tizio stonato, non te ne capaciti.
Ogni volta che scopava con un’altra, fissava il vuoto e si faceva sempre la stessa domanda: «Ma che cazzo ci faccio qui?».
Peccato che alla fine non arrivasse mai la risposta giusta.
E invece di rimettersi i jeans e andarsene via, riprendeva la sua corsa fino a sfinirsi i sensi dopo essersi svuotato le palle.
Maria lo amava in maniera incondizionata, pure a letto le cose tra di loro andavano alla grande. Ridevano un sacco e dopo un orgasmo rimanevano nudi e abbracciati per ore, pure quando fuori faceva un caldo porco.
La loro relazione si nutriva di progetti, sogni nel cassetto e pane e nutella alle due di notte contro gli attacchi di fame e di panico.
Eppure c’era sempre qualcosa che non andava e Maria ne era consapevole.
«Pietro, che hai?»
«Niente amore, davvero»
«Oggi sei così silenzioso…»
«Ma niente, sarà il caldo e l’indecenza di questa estate»
«Pietro, non mi ami più?»
«Maria, ma certo che ti amo!»
«E allora perché ti fai succhiare il cazzo dalle altre?»
«Non lo so».
Chi parlava di Pietro aveva sempre parole buone nei suoi confronti.
Era uno a cui piaceva lavorare e arrivare puntuale. Ti creava confusione, ma farsi incasinare nel suo vortice ti saziava di più di quel ristorante di sushi all you can eat in fondo alla strada.
Pietro la buttava in caciara. Trovava sempre il lato positivo delle cose.
Pietro sorrideva sempre.
Il suo bicchiere di birra era mezzo pieno.
Pietro rideva di gusto.
Si svegliava ogni giorno di buonumore.
Pietro aveva stile.
Sapeva a memoria tutte le sue canzoni preferite.
Pietro non voleva.
Non voleva, ma la coscienza sporca non andava via nemmeno dopo una doccia che sgorgava acqua di scarico.
Anche prima di buttarsi da quel ponte maleodorante, il suo sorriso beffardo gli faceva compagnia, ma sentiva di essere sperduto.
Spense l’ultima sigaretta e scrisse un messaggio a Maria: «Ti amerò per sempre, non è colpa tua. Sono così arrabbiato… non ce la faccio più».
E lanciandosi nel vuoto perse il portafoglio e il senso di colpa.
Immagine generata con AI generativa di Adobe Photoshop
“dipinto ad olio che ritrae un uomo in piedi sul bordo di un ponte molto alto”