Gloria ai padri
Mi trovo ospite del programma radiofonico di Filippo, rispondo alla sua domanda con la gamba destra che trema sotto la scrivania e le mani che si attorcigliano l’una all’altra:
«Non esiste un modo giusto di trattare il tema, perché non si tratta di un tema, ma delle nostre vite. Dell’esistere. Ci sono vittime di stupro che potrebbero decidere di non parlarne, di urlarlo tra le risate o sussurrarlo a occhi bassi e sono sicura che riterresti più credibile questa terza categoria, giusto?»
Filippo con un sorriso sarcastico e paternalistico sul volto evade la mia, di domanda, per pormene un’altra:
«Infatti dicevi che il trattamento riservato alla ragazza in TV è vergognoso. Cosa dovremmo fare noi, dunque?»
Che supponenza, penso, mentre inspiro gonfiando la pancia, come ho imparato a fare.
«Agata. Si chiama Agata.» incalzo «E il trattamento subito da Agata – non la ragazza – è vergognoso perché di come stia veramente lei non interessa a nessuno. Chiedere come fosse vestita e se riuscirà a fare ancora sesso è pornografia del dolore ed esposizione della vittima, non rieducazione sociale della collettività e dei colpevoli.»
Faccio una pausa per espirare. Risucchio l’ombelico, ma Filippo coglie l’occasione per irrompere nel mio discorso e dire che cresce due figlie femmine, lui, controllando i posti e le persone che frequentano. Mettendole in guardia. È fiero e vorrei spaccargli la faccia fino a vedere il sangue scorrere a fiotti dal naso, ma mi limito a esprimere il mio punto di vista:
«Non sono le tue figlie a dover essere controllate» gli dico «così togli loro la libertà di autodeterminarsi mentre qualcun altro insegna al proprio bambino che le donne ricoprono determinati ruoli nella società. Anche attraverso un ‘oggi aiutiamo mamma ad apparecchiare’. Si parte dall’uomo che aiuta la donna che apparecchia e si arriva ad Agata.»
La mia gamba non trema più. Le mani sono ferme, ora sul tavolo di legno che ci separa.
«Sapevi che la maggior parte degli abusi sessuali vengono perpetrati ai danni di disabili?» incalzo «Sono più aggredibili fisicamente e mentalmente. Ti starai chiedendo dove voglio andare a parare, ma è semplice: lo stupro non è attrazione e ormoni – sarebbe comunque inaccettabile – ma possesso, prevaricazione, potere da esercitare sulla figura femminile perché cresciuti nel mito del sesso forte» lo vedo spostare lo sguardo a destra e a sinistra e continuo: «Andrebbe abbattuto il concetto di genere, Filippo. Non più uomini e donne, solo persone. Se uscissimo dai canoni sociali che ci sono stati imposti e insegnati fin da piccoli e che prevedono la distinzione tra figure femminili e maschili come soggetti destinati a determinati comportamenti e con prestabilite peculiarità, forse smettereste di pensare e vivere a compartimenti stagni e disquisire sulle nostre gonne, i nostri salari, le nostre frequentazioni, i nostri bicchieri di vino.
A decidere delle nostre vite, trascorse intanto con la paura di rimanere sole con uno sconosciuto. A mandare la posizione a un’amica prima di un appuntamento. Camminare per strada con le chiavi in mano mentre fischiate convinti di farci un complimento e invadendo invece uno spazio che non vi appartiene.»
Filippo è spaesato, ma non si arrende. Mi accusa di generalizzare:
«Gloria, non siamo tutti così» sbotta scandalizzato «tu hai paura di stare da sola con me? E io temo questa tua paura. Mi sento offeso, perseguitato ingiustamente».
E mentre rispondo che la paura, per noi, è una costante e provo a chiedergli come ci si sente, lo sento salutare gli ascoltatori e dire loro che è un peccato non possano vedermi incazzata, perché la rabbia mi rende più carina.
Mi fischiano le orecchie e in un attimo lo vedo sanguinare. Piangi ora, Filippo. Te l’ho rotto ‘sto setto nasale.
Immagine generata con AI generativa di Adobe Photoshop
“Dettaglio di un naso con il setto nasale rotto e una goccia di sangue che esce dalla narice, nello stile di un dipinto ad olio”