ndr
Siamo la razza peggiore che esista.
Caimà, io ci sto provando, te lo giuro. Ogni giorno ci provo.
Ogni libro che prendo è un’altra delusione. L’ennesima, direbbero loro. Caimà, in nessuno trovo quello che cerco: le parole si disfano a ogni punto e virgola. Sono come un ubriaco che cerca di camminare dritto davanti ai poliziotti mentre il mondo non fa che girare, e più i poliziotti lo guardano più il mondo vortica, e invece di lasciarlo stare gli dicono: portati il naso alle dita e le dita al ginocchio, capito?
Io non ho capito un bel niente, ho capito solo che sono un clown, Caimà, un clown che fa ridere i giusti. Non mi piacciono, quelli, non mi piace niente. Le parole si sono sgretolate, Caimà, io non sono più idiosincratico, diafano, improvviso. Non lo sono mai stato: ho perso tutto, Caimà. (corsivi miei)
Qui l’autore mostra disapprovazione nei confronti della contemporaneità che vive. Un sentimento di incompatibilità che, pur non essendo a conoscenza del periodo in cui l’autore ha vissuto, ci sentiamo di definire postmoderno. (ndr)
Li odio tutti. Maglioncino a collo alto, occhiali tondi, sguardo da intellettuale. Hanno in bocca tutti gli stessi aggettivi: idiosincratico, non lo sanno che è una parola che vuol dire tutto e non vuol dire niente.
Dire: le sue idiosincrasie, non ha senso Caimà, lo capisci? Ma lo dicono ugualmente, o peggio lo scrivono: tanto lo sanno, che tutti faranno finta di aver capito. Vorrà dire le sue allergie o le sue caratteristiche? Vorrà dire i suoi punti deboli o i suoi punti di forza? Tu lo sapresti capire, Caimà? Tu lo sai che vuol dire mitopoietico? Ma la mitopoiesi non ti serve sull’Orinoco, Caimà. Tu mangi pesci e stai a posto così. (corsivi miei)
Noi scrittori non siamo come te Caimà, come voi, specie simpatriche. (Qui l’autore si inserisce all’interno di quel gruppo contro il quale inveisce: definendosi scrittore, in questo passaggio l’autore compie un’importante presa di posizione che non ritornerà più nel testo. ndr, corsivi miei) Noi non possiamo vivere assieme nello stesso habitat. Gli scrittori si intersecano per metafore, vivono tramite quelle: fanno finta di capirsi, si camminano sulle caviglie a piccoli passi, stretti, stretti, dita-tallone, dita-tallone senza fermarsi mai finché uno di loro non può sovrastarli. Per te non ha senso tutto questo, Caimà: tu vivi nelle correnti forti. Tu ci sguazzi nel fango, Caimà, non ti pulisci le lenti con metafore sudicie.
L’autore è chiaramente in cerca di una metafora appropriata che lo definisca: la ricerca della metafora per uno scrittore è essa stessa metafora della ricerca di sé stessi. Questa meta-metafora sottile e ricercata rende questo passaggio particolarmente interessante. (ndr)
È che è così prevedibile, e invece pensano che non lo sia. Pensano di dover distruggere le parole, schiantarle e spezzettarle sul tagliere come broccoli stracotti, buttarle nello schiacciapatate, farne un purée: allora avranno la ricetta perfetta, un nuovo linguaggio, una novità.
Hanno detto: banale.
Hanno detto: il linguaggio è preziosamente utilizzato, originale la rincorsa di una lingua ossessiva e psicologica. Il contesto in cui è inserita, però, risulta pressoché banale e scialbo: per cui non accettiamo la pubblicazione del pezzo. Cordial… e tutti lo sanno come va a finire poi.
Capito Caimà? Il contesto è banale. Come se nella vita i contesti potessero essere o speciali o banali. Caimà, per te è banale mangiare rane ogni giorno? È banale innamorarti di una piccola paleosucha palpebrosa e costruirvi un nido di uova in salvo? È banale pescare ogni giorno per te, Caimà? Lo chiedo a te, perché gli scrittori non lo sanno. È banale, Caimà, trovare speciale la vita? Perché non lo chiedo a loro, dici? Perché loro questo non lo sanno Caimà, non saprebbero rispondermi. Loro cercano le metafore, Caimà, quelle idiosincratiche. (corsivi miei)
Qui l’autore lamenta probabilmente un rifiuto da parte di un editore. L’autore, apprezzato per il linguaggio originale e ossessivo (sic), non viene invece valorizzato per la scelta del contesto di riferimento, definito, come da lui riportato, banale. L’autore, del quale purtroppo non sono sopravvissute altre opere se non la presente, sembra dunque tendere a una predilezione per scene di vita ordinaria e routinaria. (ndr)
Ma forse ho torto io, Caimà, sono io che non vado a fondo. Guardo i pesci nel fiume, guardo gli altri pescarli mentre io posticipo un letargo che non è mai arrivato.
Caimà, è tutta invidia questa, è possibile? Tu devi mangiare, Caimà, mentre io mi riempio la bocca di parole e rimango all’asciutto …… (illeggibile, ndr) Caimà, dovrei rimboccarmi le maniche, invece delle parole, e mettermi sotto a ……… (illeggibile, ndr) Non voglio essere felice, Caimà, voglio solo capire …………………………… (illeggibile, ndr) e le metafore …………. (illeggibile, ndr) per una volta forse …………. (illeggibile, ndr) possibile?
Caimà, forse nel fiume, nelle forti correnti, come le tue…
Da questo punto in poi il testo diventa completamente illeggibile, essendo stato esposto per lungo tempo a condizioni di eccessiva umidità. Abbiamo tentato di ricostruire lo spazio mancante con tanti puntini quanti si presume potessero essere le lettere che occupavano tale spazio. Non trattandosi, con ogni probabilità, di un escatocollo, riteniamo che il documento sia stato altamente danneggiato e ne sia andata perduta la parte più lunga e sostanziale.
Speriamo in futuri preziosi contributi di ricerca su questo, seppur mediocre, sicuramente eccentrico autore. Confidiamo in sostanziali progetti di ricerca che ci consentiranno di definire maggiori dettagli sulla vita di questo autore anonimo e inedito, nella speranza di collocarlo con precisione all’interno di un periodo storico e di ricostruire i parametri della sua poetica e quindi, di conseguenza, del suo pensiero. (ndr)
Immagine generata con AI generativa di Adobe Photoshop
“Dipinto ad olio in stile rinascimentale di un intellettuale con maglioncino nero a collo alto, occhiali tondi e sguardo profondo”