Odiati - Una storia di paura
ODIATI
o|dià|ti
Participio passato di odiare, odiarsi
Come aggettivo, che è oggetto di odio e riprovazione: gli odiati studi, incontrò l’odiata rivale
ODIATI
ò|dia|ti
Imperativo riflessivo di odiare: abbi avversione e ostilità verso te stesso
R: Che fai?
L: Rido
R: Perché?
L: Perché è come se sapessi già quando mi scriverai
R: Perché?
L: Che ne so, mi fiuti, come le bestie
R: E tu mi rifiuti. È un po’ di tempo che non ci sentiamo, mi manchi
L: Ti annoi, è diverso
R: Mi annoio ma mi manchi, anche
L: Ok, grazie
R: Prego. Sono gentile, vedi?
L: Io no
R: Vero, come al solito
L: È sempre bello sparare stronzate con te
R: Già
Quando Riccardo le scrive, cosa che Lucia ama molto, nella mente di lei appare un’immagine: un fantoccio di pezza vecchio e sporco, ubriaco fradicio di birra, steso a terra. Intorno a lui delle barbie malconce. Niente di più lontano dal suo immaginario. Ma c’è qualcosa in quell’aura così oscura che la attrae con forza, solletica in modo potente il suo desiderio. C’è qualcosa che le appartiene, in lui.
«Vi aspetto per bere l’ultima da me, ok? Prendiamo due macchine, la mia è piena, ci raggiungete con quella di Irene? Vi porterei tutti ma non ci stiamo»
«D’accordo, ci vediamo da là! Andiamo da me a piedi a prendere l’auto, a tra poco! Fate attenzione alla guida che è tardi e ci si regge in piedi a fatica».
«Luci, dove credi di andare?»
«Dai Ire, ci vanno tutti, è una festa»
«Ok, due cose: la prima, tu non vuoi andare alla festa, non sopporti le feste. Tu vuoi solo assecondare questa cosa tra te e Riccardo che, tra l’altro, convive con Giulia, nella casa in cui stiamo andando; la seconda, è l’una di notte e stiamo girando a caso da più di dieci minuti perché siamo troppo ubriache per trovare casa tua, che all’andata era a neanche cinque minuti a piedi dal locale».
«Tutto giusto. Tutto quello che hai detto. Davvero. Preciso. Ti voglio bene per questo. Sono fortunata ad averti come amica. Mi vuoi bene e hai ragione, siamo ubriache – innegabile – ed è tutto giusto anche il resto. È una stronzata? È una stronzata. Vero. Su tutta la linea. Tu sei mia amica, sei ubriaca e saggia e mi stai offrendo un quadro lucido della situazione. C’è un alto rischio che finisca per fare di testa mia ma grazie, davvero».
R: Noi siamo arrivati. Ti aspetto.
«Devo salire a casa a prendere gli occhiali e il portalenti, Ire. Non posso stare con queste addosso tutta la notte»
«Va bene, salgo un attimo anche io allora, almeno mi cambio».
Ore 5.50
Lucia apre gli occhi e si trova distesa a terra nel bagno di casa sua. Ha ancora i vestiti della sera prima addosso, un gran mal di testa e non capisce cosa sia successo. Si alza, entra in camera sua e trova Irene nel letto che dorme beata. Ed ecco la presa di coscienza: «Non ci credo, mi sono addormentata mentre cercavo gli occhiali. Oddio non siamo mai arrivate dagli altri. Merda, penseranno che siamo morte in un incidente».
R: Ma tutto bene? Sono un po’ preoccupato
L: Ehm. Ci siamo addormentate. Scusateci tantissimo. Non so come sia successo, mi sono svegliata ora ancora vestita. Siamo pessime
R: L’importante è che stiate bene. Speravo di trovarti qui a fianco a me al mio risveglio
L: Mi dispiace
Quattro anni dopo
«Tu non hai idea di quanto mi piacessi. Di quanto fossi felice quella sera».
Seduti su un muretto, sotto la luce di un lampione, Lucia e Riccardo si trovano a parlare fino a tarda notte.
«Avevo preparato tutto, avevo già detto agli altri che, nel caso le cose fossero andate come speravo, loro avrebbero dormito in salotto e ci avrebbero lasciato la camera. Erano tutti disposti a dormire per terra da quanto tifavano per noi. Io non ci potevo credere che stavi arrivando. E infatti, non sei arrivata mai»
«Tu stavi con Giulia» dice Lucia pensando è una scusa.
«È una scusa, tu volevi me e io volevo te. E non è cambiato niente»
«A quante avrai già fatto questa scenata!?»
«Cristo, dopo tutti questi anni. Vaffanculo. Codarda. Io almeno ho il coraggio di dirtelo in faccia»
«Cosa?!»
«Che sono dannatamente attratto da te, che tu neanche te lo immagini quanto mi piacevi, mentre di te non si capisce mai un cazzo!»
Ha ragione pensa Lucia: «Ti piaccio così tanto perché non mi hai mai avuta. Solo per questo!»
Ha ragione pensa Riccardo.
Alla loro relazione inconcludente Riccardo e Lucia riservavano da anni un piccolo tassello delle loro poliedriche realtà. Nella loro unione non c’era probabilmente niente di reale ma dava a entrambi una soddisfazione tale da non riuscire a lasciarla scemare del tutto. Qualche messaggio, qualche incontro casuale, qualche appuntamento consapevole. Erano per lo più i loro vuoti a risuonare forti l’uno nell’altra e lei non aveva mai avuto il coraggio di viverli. Negli anni, le ragioni erano state un patetico mix di senso di colpa, inadeguatezza, moti di sorellanza nei confronti delle – malcapitate – ragazze di Riccardo. Principalmente la paura – o la consapevolezza – di fare la fine di tutte loro, usate e poi disprezzate al sopraggiungere della nuova primavera. Barbie malconcia, lei, non ci voleva diventare.
«Ti ricordi il nostro primo bacio?»
«Certo, ho bestemmiato»
«Già»
«È stato strano»
«Credo di essermi offeso»
«Eh fai bene, ma è vero»
«Eravamo in quel parco e ci siamo trovati per caso in coda per il bagno, eravamo un po’ brilli ma non tanto, io sapevo benissimo cosa stavo facendo»
«Sì, anche io. È stato bello, in realtà. Ma mi ricordo di aver provato il desiderio di fuggire. E che quando ci siamo staccati ho reagito dicendo “Vitale, cristo dio!”.
Per cognome ti ho chiamato, pensa te»
«Mi ricordo»
«E sono scappata via» «E sei scappata via, la prima volta di una lunga serie»
«E quella volta che ci siamo trovati in giro con gli altri per caso e pioveva e mi hai dato un passaggio sotto l’ombrello, te lo ricordi? Che ti ho baciata senza accorgermene. Non ho pensato di farlo ma quando sono arrivato a casa, fradicio, mi sono detto cazzo l’ho baciata sulle labbra. E poi te l’ho chiesto. Che idiota»
«Sì, mi ricordo bene anche questo. È stato tenero».
Due anni prima
«Per me una moussaka, grazie»
«Per me un gyros, invece»
«E due horiatiki anche»
«Cavolo, io e te al ristorante, seduti ad un tavolo, come le persone normali»
«Chi l’avrebbe mai detto, vero?»
«L’ultima volta qui c’ero stato con una mia ex, una scema, mi aveva fatto fare una figuraccia»
Ma che cazzo dice, pensò Lucia.
«E tu ci sei mai stata in Grecia?» continua Riccardo.
«Sì, tanti anni fa. Con Gian, avevamo fatto un viaggio on the road improvvisato, fu molto bello»
«E chi è Gian?»
«L’uomo che più ho amato nella mia vita»
«Io ci sono stato in gita con la scuola. Non mi ricordo molto, eravamo sempre ubriachi»
«Mi dispiace. Com’è il gyros?»
«Buono, ma non ho molta fame. Faccio fatica a mangiare in questo periodo»
«Potevi dirmelo, non dovevamo per forza venire al ristorante»
«Mi piaceva l’idea».
Dopo mangiato Riccardo si alza per andare in bagno.
La proprietaria del ristorante si avvicina al tavolo e chiede:
«Signorina, non è che il suo amico è scappato senza pagare?»
«Oddio, non credo. Eccolo che torna, era alla toilette»
«Meglio così».
Un anno prima
R: Che fai?
L: Sto andando a una festa
R: Che festa?
L: Di uno studio di fotografi, hanno invitato un po’ di clienti e amici
R: Bello.Ti diverti?
L: Sì, ho trovato delle persone che conosco
R: Come sei vestita?
L: Ho una tuta rossa
R: È scollata?
L: Eh?
R: Dai, fammi vedere
L: Scordatelo. Sei ubriaco? Vai a dormire
R: Eddai sai che adoro le tue tette
L: Piantala
R: Scusa, ho esagerato. Ma è vero
L: Notte
R: Notte. Divertiti. Ti bacio
Tre anni dopo, su quel muretto
«Se fossimo stati più maturi io continuo a pensare che avremmo potuto avere una bella storia. Parlo anche per me eh, potevo comportarmi meglio, davvero. E lo pensi anche tu, ammettilo»
«Hai ragione»
«Ma non ci credi abbastanza, vero?»
«Vero»
«Ho ricevuto più due di picche da te nella vita che da tutto il resto dell’universo femminile messo insieme»
«Mi dispiace»
«Ma non è vero che ti dispiace»
«No, forse no»
«Cristo! Perché fai così? Basterebbe così poco»
«Perché non voglio diventare la scema del capitolo precedente, nel tuo capitolo successivo»
Lucia si alza cavalcioni al muretto e tende le braccia verso Riccardo, che le prende le mani e si fa alzare sbilanciandosi verso di lei. Le appoggia la testa sul petto. «Dai, andiamo.» Si volta poi verso il muretto su cui erano seduti, si ferma, e comincia a ridere.
«Che cazzo ridi?» esclama Riccardo, triste. «Guarda là» dice Lucia indicando con il dito il luogo in cui avevano avuto quella chiacchierata «leggi cosa c’è scritto». Riccardo si volta e intravede un graffito fatto con una bomboletta, è una scritta: ODIATI.
«È bellissimo. Cazzo è perfetto. Siamo proprio noi, è la chiara eco dei nostri ego. Quanto amo tutto questo. Che dici Vitale, tu come lo leggeresti? Dove lo metteresti l’accento?»
Immagine generata con DALL-E
“Edward Hopper style painting of a boy and a girl from behind sitting on a wall”