Quante volte - Comfortably Numb

Io non voglio più ridere
non mi diverto più ed è colpa mia.
Non ho voglia di credere
che domani sarà diverso
e poi? chi lo sa…

 -Vasco Rossi

 

When I was a child I had a fever

-Pink Floyd

 

Voce narrante: James Jr.

Buongiorno. Il calendario segna il rosso, evidentemente oggi è domenica, o Natale, o anche Pasqua. Chissà…

Che bella giornata! Il domani inizia a farsi sentire dalle prime luci dell’alba; e il mio ieri è appena passato, a ricordarmelo sono le lattine di birra vuote sul pavimento che avrei dovuto raccogliere ieri, appunto. Che fine ha fatto “l’oggi”? Quelli come me sono immersi ancora nel passato, temono il futuro e, maledettamente, non riescono a vivere nel presente. Per questo motivo non ho mai comprato un orologio, mi confonderebbe parecchio. Ma è giusto ricordare che anche questa mattina mi sono svegliato, ho raggiunto il primo e ultimo obiettivo del giorno: alzarmi dal letto. Non è poco. Non è affatto poco per uno come me. Cento punti a questo grande fannullone che ieri si è addormentato sul divano e, senza sapere come, si è svegliato in un letto la mattina seguente!  

Ieri sera mi sentivo un po’ solo, forse perché Tiger -quel bastardo del mio gatto- va a dormire molto presto, lasciando il suo padrone nel momento del bisogno.  Quando l’orologio segna le 00:00, sento il bisogno immediato di un aiuto: una carezza, un bacio, una risata.

Non è facile per me, ogni sera, assistere allo stesso scontro: il domani spinge con forza l'oggi, quest'ultimo potrebbe anche non opporre resistenza, e invece combatte con tutta la sua forza! Ecco: sono intrappolato in questo duello, questa lotta privata che mi lascia sconfitto al tappeto.

Uno a zero per il tempo. Ha vinto lui.

Le battaglie, le urla, i conflitti, gli scontri… non mi piace tutta questa roba. Passo la maggior parte del tempo a schivare pugni senza aver mai imparato a dare un colpo: ecco perché mi lascio abbattere da qualsiasi cosa. La verità è che combattere non mi riesce bene. Ma un giorno riuscirò a spezzare la catena. Un giorno riuscirò. Non oggi. Oggi è domenica. 

Oggi è domenica. Una bellissima domenica mattina. Indosso lo stesso maglione della sera precedente come metafora della stessa vita che indosso giorno dopo giorno, stessa vita che lascio la sera per poi riprendere la mattina. La mattina… che momento della giornata dovrebbe essere? La colazione è il pasto più importante della giornata, dicono. E allora dico a me stesso: «facciamo colazione, amico. È importante».

Bevo un caffè con qualcos'altro, senza preoccuparmi troppo di cosa possa accompagnare quel sapore amaro. Va bene qualsiasi cosa: potrei ingerire veleno insieme al mio caffè, non me ne accorgerei. Sarei troppo impegnato a fissare il vuoto.

Fumo una sigaretta. Ed è in quel momento che mi accorgo che c’è troppo silenzio, un po’ di musica potrebbe ingannare quest’aria pesante. “Ingannare” è un verbo molto curioso. I dietologi invitano a mangiare una mela quando si è a dieta: «Inganna la fame!» dicono. La musica è la mia mela ed io ho fame.                                 Ho bevuto il caffè, ho fumato una sigaretta, ho una chitarra nelle mani e indosso il maglione. Eccoci! Oggi è proprio domenica!

Dovrei fare una doccia ma non prima del pomeriggio. Come fanno quelli della pubblicità a farsi la doccia di prima mattina? Come si fa? Illuminatemi! Non sentono freddo? È gente che mi mette ansia, non la sopporto. Che poi sono tutti uguali. Cambia il viso, certo. Ma il sorriso, quello stupido sorriso è sempre uguale.

Uno come me come farebbe a recitare in quelle pubblicità? Che ridere… la gente cambierebbe canale. Ma io credo che sentirsi bene abbia a che fare con l’odore che si ha addosso. Non prendo in giro l’uso di cosmetici, profumi. È questo il segreto della felicità. E infatti spesse volte telefono al mio terapeuta, chiedendogli di sostituire gli antidepressivi con dei profumi. Mi accontento della sua risposta: «Anche questo non fa ridere». Quel povero uomo risponde così perché è costretto a sentire queste mie “genialate”. Ma come mi vengono! Sprigiono contentezza da tutti i pori quando riesco a trovare una battuta che funziona ma a lui non fa ridere. «Tu usi il sarcasmo per ferire te stesso». Ma che stupido! Dopo quasi dieci anni di terapia continua ad analizzare quello che esce dalla mia bocca. Ha tanta speranza quell’uomo.                                  

Il quadro domenicale è finalmente chiuso: non manca più niente in questa domenica uguale al lunedì. La scritta in rosso sul calendario inganna la gente. “Ingannare”. Torna di nuovo questo bizzarro termine. Ma l’inganno non esiste per chi è stato ingannato molte volte nella vita. Quelli come me lo riconoscono subito. Ha un odore particolare, molto forte: un profumo che ti sussurra «va tutto bene». Ecco, questo è un inganno.  A ricordarmelo non è quel maglione che indosso la domenica mattina, il più sporco e il più brutto che ci sia, quello che non troveresti mai nell’armadio insieme alle altre. A ricordarmi l’inganno è quella camicia bianca che ho messo lo scorso venerdì. È inutile indossare una camicia bianca il sabato sera, la domenica mattina arriva e stravolge tutto. Stravolge tutti. La vittoria non è avere qualcuno nel sabato sera. Eppure questa cosa ci fa sentire bene. Ed io sono il primo della fila di tutti i cani randagi che cercano l’osso. Ma è troppo facile conquistare, saper mantenere è la vera sfida. Avevo un osso che amavo masticare, uno solo, che non aveva niente a che fare con tutti gli altri. Che bello che era! Ma era già stato morso e i miei denti finirono per consumarlo del tutto. Due ossa consumate non si dovrebbero mai incontrare.

Cosa ne sto facendo della mia vita? Alla mia età, mio nonno era diventato già padre e mio padre aveva già avuto me. Figli? io? cosa dovrei insegnare loro? Sono intrappolato qui per sempre, passo interi giorni sul divano. Non che voglia imitare loro o qualcun altro, ogni tanto però, penso a cosa possa esserci di diverso tra un fannullone come me e gli altri lì fuori. Nonno, che penserai di me? E tu papà?            

Non ho mai conosciuto mio Nonno, neppure mio zio. Tanto tempo fa, nella casa dov’è cresciuto mio padre, arrivò una lettera di arruolamento per mio zio. Partì in guerra e morì giovanissimo, dopo tre mesi. Nonno, completamente distrutto, partì in cerca di chissà che cosa. Penso che cercasse consolazione che non riusciva a trovare lì dov’era, scappò di casa senza avvisare nessuno. Ho visto un nipote e un nonno passeggiare per strada. Il bimbo voleva correre, ma il vecchio non poteva farlo. Forse nonno era già troppo stanco ed è scappato. Non lo biasimo, d’altronde…

Mio padre non ne vuole sentire parlare, mia Nonna si comporta come se niente fosse mai accaduto. Quando Nonno partì, io ero in fasce. Sono stato cresciuto con l’idea di un Nonno mai esistito. Fino a quando, un giorno, all’età di dieci anni trovai in un vecchio magazzino una collana d’argento con un piccolo ciondolo: la lettera J. Ho uno stesso ciondolo addosso. Ero contentissimo, andai da mio padre: «Questa collana è mia, guarda: ne ho due uguali!» La collana non era mia ma di mio nonno James. «È morto?». Mio padre se ne uscì con «Forse è vivo da qualche parte lì fuori».

Capite bene che quelle parole misero tanta confusione nella testa di un bambino di dieci anni. Non sapevo cosa volesse intendere mio padre con “lì fuori”. Cercai Nonno in giardino, poi in paese, dal fioraio, dalla signora del pane. Non riuscivo a trovarlo, mi rassegnai. Ebbe mio padre da giovane, ciò significa che non è tanto vecchio, potrebbe essere ancora vivo. Ma è meglio starsene dentro casa che uscire a cercare qualcosa “lì fuori”.

Mio padre soffre ancora per la perdita di suo fratello, anche per quella del Nonno… ma non lo ammette facilmente. Non ho mai visto mio padre sorridere. E se un bambino cresce senza un sorriso, come vuoi che impari a farlo? Non c’è stata nessuna domenica in cui papà non si sia messo a guardare il soffitto per ore, con un giornale che faceva finta di leggere. Vorrei parlargli in quei momenti. Vorrei fare tante cose per la mia famiglia ma il mio divano mi impedisce di farlo. Il giorno di Natale vorrei portare il Nonno seduto al tavolo; il giorno del compleanno di papà, vorrei portargli zio. Ma so che non sarà mai possibile. 

Vivo da solo, per necessità apparenti ho deciso di andarmene da casa. Mamma e Papà vengono spesso a farmi visita, anche la Nonna. Lei si è risposata. Mi piace suo marito… cazzo quanto mi piace! Mi strappa sempre una risata. Non è un tipo simpatico a mio modesto parere. E allora perché mi fa ridere starete pensando. Perché io e Tiger lo prendiamo in giro da sempre. Questo povero uomo passa tutto il tempo a ridere, per ogni minima cazzata. Fuori piove e lui se la ride. Che uomo perfetto!

«Ha sbagliato famiglia» dice sempre papà. Anche lui lo detesta. Ma la Nonna sembra essere serena e a me questo basta. Ma sono tante le cose che non riesco a capire. Non le manca il Nonno? Vorrei solo capire cosa sia successo. Vorrei tanto saperlo. E tu, Nonno, chissà dove sei. 

Mi manca qualcosa, o qualcuno. Forse entrambi. Quante volte ho pensato “passerà”. Non lo penso più.

Immagine generata con DALL-E
“a man and a cat are melt on a sofa, painting in the style of Dalì”