I silenziosi singhiozzi

«Ali! Aliiii!» il tono canzonatorio di Julie è evidente. «Ali, fermati un attimo per favore!!! »

«Lasciami stare. » Alisha allunga il passo verso il cortile, fende la folla di adolescenti che si agitano per l’intervallo.

«Ali, scusami mi sono lasciata andare!»

«C’è sempre di mezzo Léo. È la tua scusa perfetta, vero?»

«Ali, perché sei cattiva con me? »

«Sei pazza, smettila. Avete reso la mia vita un inferno. »

«Ali, stai esagerando.»

«Sei cambiata, sei perfida. Non sei più mia amica. »

Alisha si è girata verso Julie. «Sei   fuori dal mondo, da quando stai con Léo va peggio ogni giorno. Non so cosa vi è preso.»

 

Julie ha nuovamente la risposta pronta: «Lui non sta bene e allora io lo aiuto… mi ama così tanto. Solo che cerco di farlo stare più sereno. Lo sai che ha passato anni attaccato ai videogiochi? Era uno dei più forti a Fortnite ma con le cose di tutti i giorni fa fatica. » Julie abbassa leggermente il tono della voce perché da lontano vede sbucare la testa di Léo che si avvicina.

Questo cosa c’entra con me?»

«Cerca di essere comprensiva, ha perso suo papà da piccolo. » Julie mette una mano sulla spalla di Alisha. Alisha la scosta e riattacca: «Cosa c’entra che abbia perso suo padre? Sarebbe stato uno stronzo comunque e tu sei perfetta per lui, siete perfetti insieme! » 

Alisha non si controlla, alcuni allievi formano un cerchio, spettatori di un nuovo litigio. Léo è alle spalle di Alisha, ha sentito solo la fine del discorso: «Cos’hai da dire di mio padre, brutta puttana?» grida feroce alla ragazza.

«Chiedilo alla tua Julie!» Alisha gli lancia un’occhiata e se ne va.

«Senti, stronza, come ti permetti di parlar male di mio padre, eh?». Léo raggiunge Alisha e cerca di trattenerla. La ragazza si volta, ha gli occhi contornati di lacrime come se fossero più grandi, per esprimere e per contenere: «Non hai capito un cazzo come al solito, stavo litigando con Julie, non stavo parlando né di te né di tuo padre!»

«Lascia stare mio padre!» gli occhi di Léo sono fiammeggianti, piccoli come teste di spilli che bucano da entrambe le parti. Il suono della campanella ha la tragedia di un allarme. Alisha corre via.

«Ha parlato male di mio padre! Ha parlato male di mio padre!» Léo parla a mezza voce e scuote la testa mentre continua a fissare la schiena di Alisha che si allontana nel corridoio della scuola, verso la loro classe. Julie lo prende per mano: «Lascia stare, ora. È solo una stronzetta.» Julie carezza Léo e gli fa un piccolo sorriso mentre si dirigono in classe.

L’ora di diritto scorre veloce, il professore spiega e Alisha prende appunti, veloce e precisa come al solito, più del solito, s’immerge in quello che le piace, molti suoi compagni sonnecchiano, qualcuno le lancia alcune palline di carta addosso ma lei non si volta. Suona la campanella e finalmente un’altra giornata di scuola è scesa rumorosamente dal calendario.

Alisha è china sulla scrivania in camera sua, la sua schiena compie un arco perfetto fino alle spalle che sorreggono il capo chino sul libro di storia, è intenta a leggerlo con fare appassionato. Anche se domani mattina ci sarà il compito in classe, quella è una delle materie che le rimane in testa più velocemente, non è la sua preferita ma le viene proprio facile memorizzarla. Sulla sua scrivania ci sono altri libri in attesa di essere aperti e il suo telefono, coricato tra il diario e un quaderno, ha vibrato già diverse volte. Alisha ha tolto la suoneria per non essere disturbata ma anche per necessità. Léo e Julie, compagni di classe, fidanzati e in un certo senso suoi amici, le hanno mandato molti messaggi questo pomeriggio ma lei vuole essere lasciata in pace.

Non controlla neanche, sa già che troverà una miriade di piccole frasi spezzettate, acronimi, punteggiatura e faccine buttate a caso che provocano vuote convulsioni al telefono e una pioggia acida sulla sua felicità.

Non è la prima volta che succede, studiare è il suo rifugio. Alisha stacca lo sguardo dal libro di storia, la sua schiena compie un movimento appena percettibile, fissa il telefono e lo implora di smetterla, esattamente come se avesse un cuore, e manca poco perché qualche manager in vena di stranezze ficchi un cuore anche lì, tra quegli ingranaggi minuscoli che vibrano quasi epilettici. Ti prego, basta pensa fra sé Non avete nulla da dire. Una lacrima di rabbia cuce un orlo alle palpebre dei suoi rotondi occhi scuri. Alisha inarca ancora di più la schiena verso il suo libro come farebbe un motociclista dietro il cupolino durante un lungo rettilineo.


Al liceo tecnico privato “Cognacq-Jay” di Argenteuil che frequenta dall’anno scorso ha ottimi voti, è una ragazza che cura la sua testa e il suo corpo, ama lo studio e i suoi genitori sono orgogliosi di lei, in questo liceo le possono insegnare ragioneria, così tra qualche anno andrà a lavorare nell’azienda del padre. Il suo compagno di classe Léo è stato insieme a lei all’inizio del primo anno, si sono frequentati giusto una settimana poi lui si è innamorato di Julie, la quale, nel frattempo, era diventata una buona amica di Alisha, un classico. Non si può essere seri nemmeno a quindici anni. Alisha lo sa ed è rimasta in buoni rapporti con Julie anche se questo a Léo ha sempre dato fastidio. Col tempo, però, i fidanzati hanno iniziato un nuovo modo di scherzare con lei, varcare la soglia della 3° B ora è diventato faticoso, Léo e Julie la tengono sotto scacco, pettegolezzi, risatine, sguardi obliqui, strategia della tensione e la gioia della scuola è spazzata via, sono diventati eccessivi, come drogati: la prendono in giro, non la lasciano mai in pace, la tormentano forse perché sono carina e vado bene a scuola pensa Alisha mentre si spazzola i capelli prima di coricarsi.

Fatica ad addormentarsi, i pensieri si affollano come passeggeri sudati su un autobus che solca i viali della periferia, è stanca e non si spiega il perché di questo trattamento, il perché dell’odio, dell’accanimento. Si rigira nel letto e raggiunge la sua posizione preferita, su un fianco, la schiena arcuata, le mani sotto al cuscino e dopo alcuni lunghi respiri crolla in un sonno bambino.

«Mamma, hai un momento? » la voce di Alisha è scossa da un lieve tremolio.

«Dimmi, Alisha.»

«Hai presente Julia e Léo, i miei compagni di classe? Non mi mollano un momento, stanno rendendo la scuola un inferno. Ogni volta che entro in classe mi si stringe lo stomaco. »

Sua madre sta mescolando il cous cous in una grossa pentola, gli aromi tostati sprigionano un odore familiare che da’ ad Alisha un po’ di sollievo, la mamma, intenta a mescolare, non se ne accorge. Gli occhi neri di Alisha sono una fabbrica di minuscole lacrime silenziose: «Mi tormentano. » La donna smette di mescolare, raddrizza la schiena e si volta verso Alisha che le da’ le spalle. Sua madre vede il movimento della schiena della figlia che, lentissima, si curva fino a sedersi al tavolo di cucina con le mani in grembo, inarcata come se portasse un peso invisibile ma eccessivo. La schiena di Alisha si alza e si abbassa velocemente ad accompagnare i suoi silenziosi singhiozzi.

«Si fanno cose stupide e un po’ crudeli quando si è adolescenti. Staranno scherzando, vedrai. »

«Mamma non ne posso più. » Alisha piange ma non riesce a non farsi sentire.

«Usciamo a fare due passi, ti va?»

Alisha ci pensa un attimo poi raccoglie le forze, si asciuga le lacrime, il suo viso è un fazzoletto bagnato: «Vado un attimo in bagno e usciamo. »

Le due donne percorrono tutta Rue des Chataigners in silenzio, la mamma assorta nei suoi pensieri, Alisha osservando le variopinte case basse che contornano la strada a destra e a sinistra:

 «Devo fare un po’ di spesa. Mi accompagni fino in centro?»

«Sì, però andiamo a piedi.»

«Come vuoi. C’è qualcosa che non va, tesoro mio? Ti vedo un po’ giù… A scuola?»

«Mamma non stavo scherzando, prima. Non c’è niente di bello. Julie e Léo sono due stronzi. A scuola non sto più bene e lo sai che a me piace studiare, sai che ci tengo a prepararmi e a lavorare con papà.» 

«Non possiamo cambiare istituto, è l’unico di zona. »

«Non voglio cambiare scuola.» 

«Ne hai parlato con qualche professore?»

«No.» Alisha è un tutt’uno col suo risoluto silenzio «M’imbarazza.»

«Devi dirla una cosa così, se è vera, la scuola ti deve aiutare. » La mamma fa una pausa. «Sai cosa? Dobbiamo comprare la carta igienica e i tovaglioli. Ti va l’agnello stasera? »

«Non ho fame. » Alisha resta in silenzio, alcuni secondi, un silenzio consumato e ancestrale in cui si nasconde la porzione più nera del buio: «Mamma ho paura.»

«Ma Alisha, tu sei una ragazza forte! Pensa a studiare e basta. Sono solo due bulli. »

«No, mamma. Mi hanno minacciata di morte. »

«Come? »

«Hai sentito benissimo. »

La mamma di Alisha si blocca, le sfugge di mano la lista della spesa che cade sul marciapiede, il vento la allontana fino ai piedi di un passante.

I suoi occhi non sono nemmeno pronti alle lacrime. Fissa sua figlia e in pochi secondi rivede ogni singolo attimo passato con lei fino ai quindici anni di questo pomeriggio. Prende la mano di Alisha e la stringe forte.

Alisha si toglie gli occhiali con la mano libera e leviga altre lacrime con la manica del parka nero. È rigida ma sua madre la tira a sé, si abbracciano come una cosa sola. Alisha protegge i suoi occhiali dalla montatura color oro, la madre glieli toglie, prende un fazzoletto di cotone nella borsa, lo spiega per bene e glieli pulisce. Osserva sua figlia, ancora più indifesa, poi le rimette gli occhiali.

 

Il commissariato di zona non è distante ma ci sono molte persone in attesa e i poliziotti sembrano indolenti.

Le due donne attendono quattro ore per cercare di depositare una denuncia nei confronti di Julie e Léo.

Desistono sfrante dalla situazione paradossale.

Alisha esce dal commissariato con una strana sensazione addosso, quasi di colpa, come se una forza superiore le avesse comunicato che non era il caso di spingersi a tanto. Quasi quasi vuole chiamare Julie per sentire come sta.

 

Julie e Léo hanno ricevuto un avviso dalla scuola, domani sono convocati in presidenza, ad Alisha l’ha detto la compagna di banco, per un provvedimento di sospensione dal liceo. È il culmine di una serie di angherie: Léo ha violato il profilo Snapchat di Alisha e le ha rubato una foto in biancheria intima. Nel giro di pochi minuti tutti i suoi compagni l’hanno ricevuta e hanno potuto curiosare, commentare, dire cattiverie, porcate. Alisha stava rientrando in classe dopo l’intervallo, gli occhi di tutti i maschi e di tutte le femmine puntati addosso. Non ha capito subito, qualche risolino al suo passaggio, una parola o due, come al solito, il sorriso da sfigato di Léo che manco ha il coraggio di guardarla, la sua compagna di banco prova ad indorare la pillola ma l’umiliazione è giunta peggio di una frustata, Alisha ha curvato la schiena sul libro e si è tuffata tra le pagine mentre il professore spiegava ad una classe perennemente distratta. Per fortuna c’è stata solo la sua voce squillante per quarantacinque minuti, poi sono iniziati i minuti di calvario nell’attesa della lezione successiva. Ripeti questo stillicidio fino alla fine della giornata di scuola.

Alisha torna a casa e si confida ancora con sua madre, non le parla della foto, significherebbe caricare un’umiliazione sopra ad un’altra umiliazione, la mamma non ha idea di cosa significhi essere adolescenti nel duemilaventuno, le racconta ancora di Julie e Léo ma non sa come prendere questa brutta catena di eventi, crede che la convocazione in presidenza sarà la soluzione di ogni cosa.

 

Alisha alza la testa dal libro di storia, stira la schiena e ruota il collo, lo sente leggermente scricchiolare, le scappa un sorriso perché si sente pronta per domani, il compito in classe di storia sarà una passeggiata ma ce la farà, lo vuole affrontare. Prende in mano il telefono, trentatré notifiche e una chiamata di Julie.

Ci vediamo?

Dai! 

Ali?

 si

fa

 la

pace. 

XXX 

XOXO 

LOL

Love 

Tua 

Julie

 

Alisha si alza dalla scrivania, la casa è abitata solo da rumori familiari, i fratelli che bisticciano, la televisione che mamma abbandona accesa mentre fa i lavori di casa, dall’appartamento a fianco strillano come al solito. Alisha stira la schiena e si ravviva i capelli.

Al solito

 posto

?

Il nostro 

ponte

dei sospiri

!?!

Arrivo tra una mezz’ora digita Alisha con il disagio accucciato sotto la pelle.

Alisha indossa il suo parka nero con il pelo sul cappuccio, chiude la zip rumorosa ed esce di casa senza salutare.

Julie e Léo si guardano negli occhi, Léo ha le occhiaie e il volto teso. Julie gli fa un  piccolo sorriso, qualcosa di malvagio se visto da fuori. Léo si mette a cercare, frenetico, qualcosa nella sua stanza. Esce e va verso l’ingresso mentre continua a cercare, mormora sottovoce come infastidito. Torna in camera poi parla alla fidanzata: 

«Dammi i tuoi guanti.» «Perché?» Julie ha un tono sorpreso. «Le impronte. Quando la colpisco.»

Julie fa di nuovo quel sorriso.

Léo ha sempre uno sguardo assente, come se stesse pensando a qualcosa di importante oppure proprio a niente, Julie non l’ha mai saputo. Tutte le volte che gli chiede a cosa pensi? lui non sa mai cosa dire ma lei continua a chiederlo, sperando di avere prima o poi una risposta esauriente. Talvolta ha paura che pensi ad Alisha, a quando erano fidanzati o al fatto che sono rimaste amiche, cosa che a lui ha sempre dato fastidio, poi ci ripensa e si rende conto che questa situazione a scuola, il richiamo in presidenza e tutto il resto li hanno uniti ancora di più. Ora si stringono, seduti uno di fianco all’altro sul sedile dell’autobus che li sta portando verso il ponte sotto al cavalcavia.

Alisha tiene chiuso il cappotto sul collo con la mano destra, ha scordato la sciarpa, per la fretta l’ha lasciata appesa all’ingresso e il pomeriggio è umido, verso il fiume farà freddo. Cammina svelta, vuole chiudere al più presto la questione, ci sono cose più importanti, molto più interessanti di Julie e Léo. Scorge il cavalcavia in lontananza, nella leggera nebbia serale, le piacerebbe uscire con qualche amica stasera, bere qualcosa e poi andare a letto serena, una volta tanto senza pensieri. Vede Julie da lontano, si pulisce gli occhiali, l’eterna battaglia di chi ci convive da sempre, e quando li rindossa vede che Julie le sta facendo un sorriso. Arriva a pochi passi da lei:  «Ciao. »

Julie tace, per la prima volta da quando la conosce sembra non sappia cosa dire, respira e le sorride. Da un pilone poco distante sbuca Léo che di corsa si getta come una furia su Alisha, è ridicolo con i guanti fucsia di Julie e forse anche per questo la sua violenza è ancora più malvagia. Colpisce Alisha al volto, gli occhiali le volano via, la colpisce ancora, in pieno volto, e un fiotto di sangue inonda il cemento. Alisha cerca di difendersi e con le unghie si attacca al collo di Léo, lui cerca di allontanarla come può, la spinge via e Alisha perde l’equilibrio per via dello sgambetto di Julie. Cade mentre si tiene il naso, le lacrime non nascondono i suoi occhi, li fanno sembrare ancora più grandi e sbalorditi. Léo rifiata mentre la ragazza è a terra. Julie guarda la scena col cuore che le batte all’impazzata, non si muove, osserva e non si accorge di sorridere. Alisha cerca di rialzarsi, gli dà la schiena, il giubbotto, lungo fino alle cosce e teso contro il suo corpo, la abbraccia come un bozzolo, la sua schiena si muove rapida a cercare un respiro che non riesce a trovare. Léo prende una breve rincorsa e le assesta un calcio poi un altro e un altro ancora, la sua schiena si contorce rapida, come potrebbe fare un serpente, Léo la guarda e prova ancora più rabbia, la colpisce sulla nuca e finisce il fiato. Alisha perde i sensi, il suo corpo rotola sul fianco così che sia Julie che Léo possono vedere il volto spento. «È morta? » chiede Julie. «Aiutami a buttarla nel fiume.» le intima Léo. I due la alzano appena dal cemento, quasi la fanno strisciare fino al bordo per poi spingerla nel fiume che si trova cinque metri sotto di loro. Il velo d’acqua gelida si curva appena come una culla ad accogliere il corpo senza resistenza di Alisha poi si allunga come un tessuto spesso e inghiottisce quel fagotto nero. Julie e Léo vedono la schiena di Alisha scomparire nella Senna in un sabato sera alla periferia nord di Parigi. Julie si volta, prende gli occhiali dalla montatura dorata caduti al primo colpo e li lancia dietro di lei. Non fanno rumore mentre si tuffano ad inseguire il punto in cui Alisha è caduta.

Si sente il rumore delle auto, una lieve brezza invernale e tutto l’ambiente è immerso nell’alone irreale della luce gialla dei lampioni dell’autostrada.

Léo si mette in tasca i guanti di Julie e prende per mano la fidanzata senza dire nulla.

S’incamminano verso la fermata dell’autobus mentre Julie scrive ad un amico:

Pizza da te?

Io e L 

siam lì

tra mezz ’ora

Ok

?

Julie stringe forte Lèo, mentre sono seduti sui posti centrali dell’autobus che li porta ad Argenteuil, Léo le stringe il braccio con la mano: 

«A cosa pensi?»

«A niente. » risponde il ragazzo.

Racconto ispirato ad un fatto realmente accaduto.

Immagine generata con DALL-E
“a man with long white hair in a pigtail sleeps in a sleeping bag inside a library, in the style of Edward Hopper”