La selva incantata

Sono nata il giorno 8, che può essere pensato come infinito “∞”, ma anche come due “0” affiancati, ”NO-NO”, “FALSO-FALSO”. L’altra cifra, l’ “1”, me l’ha regalata il tempo: la nascita di mia figlia, l’amore che ho provato, i momenti di gioia. È allora che la mia stringa è diventata “1-1”, per piccoli istanti di infinito amore. Tutto torna, alla fine, tutto ha un senso.

La mattina accompagno mia figlia a scuola e corro da Lei. Lei mi guarda senza vedermi e ogni giorno protesta nella sua lingua inventata perché non sopporta il freddo dell’acqua che le lava le mani, il viso e le lacrime. Quando finisce la tortura, ed è finalmente pulita e profumata, mi sorride e mi dice “grazie signora” e si illumina per un attimo di vita, ottantanove anni raccolti in un brevissimo sorriso. Riconosco il suo “1” che si riaffaccia e va in “AND” col mio,  “1 AND 1”: risultato “VERO”, piccolo istante di infinito amore. 

Prima di piombare nell’oblio, quando la sua intelligenza colta le consentiva di preoccuparsi di me, mi ripeteva “non devi fare la mia fine” e mi chiedo spesso a quale fine si riferisse, se alla sedia a rotelle, alla malattia o alla solitudine.

Lei è nata il giorno 14/10, c’è sempre un “1” presente nella sua vita ma da quattordici anni a questa parte è sempre più flebile.

Mia figlia vive col cellulare in mano, e non solo lei. Quando ceniamo siamo tre mondi separati in tre app diverse: Tik Tok lei, Facebook mio marito e Instagram io. Digitiamo molto più di quanto parliamo, comunichiamo con like ed emoticons molto più di quanto non facciamo con sorrisi e abbracci veri, ci scambiamo SMS e email anziché parole e suoni: “0 AND 0” fa zero.

L’ultimo abbraccio vero di mio marito risale a tredici anni fa, quando tornò a casa dopo un breve periodo di separazione dovuta al suo primo tradimento. Lui non tradisce come gli altri uomini, una botta e via, no, lui si innamora delle altre donne, per brevi periodi, poi, quando lo scopro, torna da me dicendo che non era amore. E mi abbraccia per davvero. Uno “0”,  che va in AND con un “1”: risultato “0”.

«Nel mezzo del cammin di nostra vita…» le grido sperando che mi senta, mentre ho portato la sedia a rotelle in cucina per prepararle un caffè, decaffeinato se no si agita. Mi guarda per un attimo con i suoi occhi assenti, poi volge lo sguardo in un punto ignoto e risponde senza emozione: « …mi ritrovai in una selva oscura..».  Cerco nel comodino un fazzoletto per asciugare le lacrime che scendono involontariamente dai suoi occhi liquidi e mi imbatto in un telo di lino da corredo, di quelli che si usavano per fasciare i neonati. Dentro trovo una vecchia banconota da cinquemila lire e un foglio di carta ingiallito. La sua scrittura elegante da studentessa di liceo classico parla di amore: “non lasciarmi sola, ti amo”.   

È tornata nel suo mondo, le braccia conserte e i pugni serrati, rivolge lo sguardo nel solito punto misterioso. Dove sei adesso? Nella tua selva oscura tutta sola? E perché avrebbe dovuto lasciarti, il tuo amore? Vagava anche lui nella sua realtà virtuale a caccia di like?  

Sono due mesi che lui è via di casa, all’ennesimo tradimento ho detto basta. Come Orlando, anche lui è perso nella selva alla ricerca di qualcosa che io non ho, ma non ha nemmeno lui e men che meno le altre. Gli ho urlato: «Mi hai lasciata sola» voglio tornare sulla terra, abbandonare la trascendenza virtuale e ripiombare nel contatto fisico, anche se fa male. Ha provato a dirmi che non era vero amore per l’altra, che era solo desiderio di conferme, solo sesso gratuito, ma io non voglio più sentirlo, la sua voce dalla selva diventa sempre più lontana e lo lascio lì, a cercare un‘uscita, stavolta da solo.

A quasi novant’anni la vita dovrebbe pesare ma per Lei è leggera, non ne ha ormai più cognizione, o almeno credo. Tutti i dolori che ha attraversato sono rimasti in quel tempo passato in cui li ha vissuti, la malattia si è portata via anche quelli, non c’è più niente nella sua memoria.

Non percepisce più nemmeno la solitudine, che temeva tanto. Forse è questo il segreto per vincere la paura di restare soli, esserlo veramente, non avvertire più la differenza.

 Non l’ho perduto perché non l’ho mai avuto. Non è che mi aspetto di essere felice, no, questo no: la felicità è esercizio, ed io non mi alleno da tempo. Voglio essere sola, tornare ad amare me stessa, riuscire a vincere la paura senza sentire più nessuna mancanza. Liberarmi dalle sue urla, dagli inganni, dal suo egoismo, dall’orco che è stato, ritrovare il silenzio e potermi perdere finalmente anche io nella foresta incantata, senza l’ansia di trovare l’uscita.

Fra poco sarà il nuovo anno e sarà un “1”, un nuovo inizio, un piccolo istante di gioia.  Mi troverà preparata, in una condizione di “0”, perché ancora lui mi manca e un altro “0” perché non tornerò più con lui: due  “0”, il percorso verso il mio infinito.

 «Non devi fare la mia fine»: non la farò, mamma.

Immagine generata con DALL-E
“a cyberpunk painting about the binary system”