In fondo credo si tratti solo di un'improvvisa stanchezza - Parte 2

Guardando l’immenso blu del cielo Lei sentì in un istante il suo essere già polvere. Lo era anche poco prima quando, in un abbraccio, cedeva al suo essere amante. Era veramente un nuovo uomo ad averla o era sempre lo stesso?
Le sembrava che la storia si ripetesse in eterno come in un girone dantesco, in principio paradisiaco per poi rivelarsi infine non altro che purgatorio. Un purgatorio suo, solo suo. Non trovava più se stessa. I suoi contorni erano diluiti, incerti.
Durante l’estate aveva creduto che qualcosa di unico le fosse accaduto.
Aveva fatto irruzione con i suoi occhi neri e il suo viso antico un’energia che l’aveva immobilizzata. Per la prima volta aveva detto “sì” a qualcosa che portava con se un seme futuro. Questo “sì” lo aveva ripetuto per le successive lune. Fantasticava.
Ora sdraiata, guardando dalla finestra, riusciva solo a vedere il cielo e l’energia che le stava accanto era un’energia umana. Polvere.
Perché la realtà appariva così diversa? Oppure si trattava della sua percezione di questa realtà…dove stava la verità?
Ora frustrata se ne stava dondolante dentro l’amaca a cercare di capire cosa la rendesse triste. I bambù, mossi dal vento, cantavano la voce degli angeli.
Si aggrappava al loro suono per risorgere, invece quel suono la affondava nella pigrizia. E la pigrizia le faceva sentire di essere una creatura spregevole.
Ora, mentre si trovava a vivere il reale, si comportava come una bambina offesa, ingrata e forse era questo il fallimento della fantasticheria. Non la realtà ma il suo modo di essere. La sua natura. O quella che credeva essere la sua natura.

Solo una parte di ciò che desiderava era reale, il resto richiedeva lavoro, volontà, verità e amore, quello vero. Ma c’era amore in lei? Oppure aveva vagato fino a quel momento nel mondo cercando di arraffare qualcosa senza amare nulla e nessuno?

Ogni tanto sentiva di essere questo mostro: il mostro del nulla. Colei che ignorante e inconsapevole vive per appagare bisogni momentanei, svelando la vera parte di sé, quella nascosta e cattiva. Nascosta anche per lei. Perché questa parte corrotta aveva l’abitudine di starsene sempre in un cantuccio per poi improvvisamente venir fuori a reclamare il suo spazio e distruggere tutto. Sì,tutto. Tutto quello in cui il 99,9% crede, per cui agisce, e per cui si prodiga, anche illudendosi, ma si prodiga. 
La parte nascosta e cattiva se ne viene fuori satolla di egoismo e gravida di giudizio e le impedisce di sentire battere il suo cuore. L’assale e la contagia in ogni sua parte rubandole il sogno. La priva del suo desiderio d’amare. Tutto il paesaggio perciò inaridisce. Perde luce.
E lei si riduce ad essere un corpo fatto di carne. E poi polvere. Quella polvere che in quei momenti di pece se ne sta sulla sua pelle pronta a divorarla, a scioglierla e a farla sparire.
Nessuno si ricorderà’ di me, pensa. Meglio così. Nemmeno io mi ricordo di me.
In tutto questo Lui offre all’universo la sua splendente energia. E di polvere non se ne vede.
Con determinazione da’ vita al verde che esplode in giardini fioriti, crea volti e divinità nei tronchi degli alberi, sparge ricordi di vita in ogni angolo di mondo, e nel suo mondo è figlio di Dio. Di ogni Dio: da Zeus a Odino e chi più ne ha più ne metta.
Egli è pulito. Lei è infetta.
Un parassita per quel divino, Sacrilega di quel tempio costruito a colpi di volontà.
Respiro bugiardo e ambiguo.
Forse gli altri avevano ragione!
Allora lei si chiede chi fosse mai quella donna che si aggirava libera lambendo le acque gelide dell’Egeo?
Di chi era quel sorriso aperto che ora pare non essere mai esistito.
Ora sente di non riuscire a stare nella verità perché le manca il lessico.
Ora è solo corpo senza spirito.
La sua lingua fatta di sguardi e di conferme qui è disinnescata.
La lingua comune se ne sta sdraiata tra le coperte e li aspetta nudi.
E poi? Cala un sipario fatto di silenzio.
Cos’altro fare se non apprezzare l’essere di lui libero? A prescindere da lei, dal futuro, dal presente, dalle parole mai dette e dalle storie mai raccontate e che mai lei gli racconterà.
Bisogna scappare dentro e ritrovare lo spazio del pensiero candido.
È necessario appellarsi alle lettere per cercare la salvezza e rinnegare la falsa verità di un sentire che è originato nella tomba.
Scrivere per pulire i pensieri, sperando di non vedere mai più la nascosta cattiveria. Bisogna ritrovare la via d’uscita dal silenzio ottuso del reale.
Restano in piedi alcuni interrogativi a pungolarla con le loro spine:
Perché sei arrabbiata?
Perché non sei grata?
Perché non stai nel presente e proietti cieli oscuri?
È la coltre di fumo a fermarti sulla soglia? Oppure sei già dentro la tana che non ti parla oltre la mezz’ora. E ti mangia le energie e ti chiama al sonno?
Cosa sai ora più di quello che non sapevi già prima di attraversare il Mediterraneo e finire in terra straniera!
Perché non sapevi che tutto è semplice, senza parole, senza passato ne futuro?
In cosa credi tu per iniziare la tua crociata interiore contro il suo regno?
Che cerchi? Che cosa vuoi?
Finalmente scende il sonno che per taluni è morte, e perciò, i taluni si ribellano al buio degli occhi vegliando ogni momento dei fatti dell’universo; per altri è rifugio consolatore, ristoratore, divoratore, miglioratore, generatore, guaritore. E perciò al sonno si concedono senza riserve, forse sì, lasciandogli frammenti di loro stessi che ritroveranno al trapasso.
E poi, dopo il sonno, arriva il giorno dopo, Benedetto sia lui. Perché finché si è vivi esisterà sempre il giorno dopo pronto per essere vissuto. Il giorno dopo darà sempre una nuova versione dei fatti. Farà impallidire la tristezza, sventolerà la bandiera della certezza e brucerà la paura sull’altare dell’amore.
Ed ecco che Lei, la stessa Lei, con Lui, il centauro, intraprenderà un viaggio nel ventoso sole, vedrà le onde bianche e blu sollevarsi nel suo cuore e dare fiato alla bellezza celata dalle ombre del corpo. Tutto ciò avverrà mentre il viaggio la cullerà in uno stato di veglia morbido che la lancerà verso la potenza antica di Era.
«Eccomi», dirà.
Ora respiro dentro l’orizzonte.
Ora vedo chi posso essere.
Ora sento Amore scorrere tra i nodi dei miei capelli e lottare per sopravvivere.
Vorrei non rivedere mai più la maschera del buio sul mio viso. Ma ogni volta dimentico chi sono e una forza oscura si aggrappa ai capelli annodandoli così che amore si disperda nei suoi labirinti.
Ma oggi Lui ha disegnato sul libro dei ricordi il pettine dorato che dipana ogni disperata bruttezza e il mio risveglio, dopo aver battuto il muso contro il silenzio, è stato più dolce e comprensivo.
Oggi forse potrò tornare a essere stella. Forse un giorno mi spegnerò per sempre e cadrò giù giù fino a sparire e qualcuno, sulla mia caduta, comporrà desideri, ma ora posso ancora stare lassù, posso tornare a stare lassù.
Allora apri i tuoi occhi, porta del paradiso, 
Inala l’aurora e il suo tramonto, 
Resisti al sonno porta dell’inferno
Apri la bocca al sorriso di diamante
Pronuncia il tuo abracadabra fatto di miele
E ridi, ridi, ridi, ridi
Finché ti sarà concesso
Infine
Merci, Danke, Grazie, Thank you, Gracias e ovviamente Efcharisto’
In fondo credo si tratti solo di un’improvvisa stanchezza.

Immagine generata con DALL-E
focus on a golden comb loosens the knots of long black hair; oil painting